Fabrizio Baleani si laurea in Filosofia all'Università di Macerata e si diploma al Master per l’Informazione Culturale promosso dall'Università di Urbino e dal Centro europeo per l'Editoria. Giornalista, ha scritto per service editoriali, radio, testate. Si occupa di contenuti editoriali e relazioni con i media per la società di comunicazione LOV.
Alle porte (aperte) di Uthopia. Intervista a Luca Ballarini, ideatore di Stratosferica
Nelle pagine di una sua celebre raccolta di racconti, Italo Calvino impastava immaginazione e realismo per abbozzare i centri, più o meno affollati, dell’immenso impero del capo dei Tartari esplorati da Marco Polo. Ogni aerea abitata era un rebus, un’ipotesi da tentare. L’azzardo d’avventurarsi lungo dedali misteriosi, borghi non ancora conosciuti. «Se ti dico che la città cui tende il mio viaggio è discontinua nello spazio e nel tempo, ora più rada ora più densa, tu non devi credere che si possa smettere di cercarla». A non cessare mai di rintracciare nuovi modelli di convivenza comunitaria è senz’altro Luca Ballarini. Classe 1974. Grafico autodidatta, copywriter, editore, esperto di branding. Ha studiato Architettura al Politecnico torinese e anche ad Oslo. Dal 1997 ha dato vita a Label, il primo style magazine italiano, distribuito in 25 paesi fino al 2007. Nel 1998 ha fondato Bellissimo, studio di communication design tra i maggiori in Italia, di cui è direttore creativo. Nel 2014 ha ideato Torinostratosferica, forse il più multiforme contenitore di reinvenzione e riqualificazione dell’esperienza urbana contemporanea, oggi anche nominalmente non più legato soltanto al capoluogo piemontese ma rivolto ai paradigmi mondiali più avanzati di city-making.
Stratosferica si presenta come un laboratorio collettivo di city-imaging, intento a sperimentare il potere creativo dell’immaginazione urbana. Voi vi adoperate per un’altra idea di città. Può chiarirci come?
«Da self-project a associazione culturale, oggi Impresa Sociale iscritta al Registro Nazionale Unico del Terzo Settore, Stratosferica è l’organizzazione di riferimento in Italia per il dibattito sui temi urbani. Un’impresa sociale che lavora a livello locale, nazionale e internazionale. Il nostro focus riguarda city imaging, placemaking e community building. Stratosferica produce e divulga conoscenza sui fenomeni urbani e l’evoluzione delle città. La nostra azione si esprime su più livelli. Attraverso il lavoro che mettiamo in campo prefiguriamo gli scenari urbani del futuro, cambiamo la percezione collettiva dei luoghi, produciamo e promuoviamo impatti positivi nelle comunità e nei territori in cui operiamo.
Il progetto è nato a Torino nel 2014. Sotto la Mole si è svolto il primo laboratorio di city imaging mai realizzato in tutta la penisola. Una progettazione che ha coinvolto oltre 400 persone, con l’illustrazione di centinaia di differenti visioni di futuro della città, idee molto concrete di sviluppo urbano, talvolta acutamente provocatorie che restituissero il gusto, il sapore di una Torino più godibile, più vivibile, fresca e attrattiva, priva d’ogni retorica. Si è trattato di un maestoso lavoro collettivo che ha coinvolto designers, architetti, sviluppatori immobiliari, comunicatori ma anche esperti di progettazione. Una fase partecipativa, una piattaforma progettuale a cui è seguita la visualizzazione delle visioni raffiguranti le nuove concezioni. La vasta fioritura del dibattito pubblico che ne è scaturito, con un’ampia eco anche oltreconfine, ci ha spinto a voler narrare, in maniera sempre più coinvolgente ed efficace, la traiettoria dell’evoluzione e della trasformazione urbana con un approccio profondamente multidisciplinare. Obiettivi centrati grazie al coinvolgimento delle persone, alla capacità di veicolare messaggi importanti e forti e alla nascita di “Uthopian hours” il primo festival internazionale di city-imaging, un contenitore che porta le best practices di rigenerazione urbana d’ogni parte del globo, ogni anno, all’attenzione del pubblico. 30 talk, ospiti internazionali con workshop dibattiti e mostre con anticipazioni sui trend e le tendenze dell’evoluzione della vita urbana che presto giungeranno anche da noi. Più di trecento ospiti a ogni edizione. Dal pensatore di modelli urbani e sperimentatore alla prima city’s chief heat officer di FreeTown, ovvero la figura che all’interno dell’amministrazione pubblica della città della Sierra Leone si sta occupando degli effetti del climate change. Tra i protagonisti più stimati ricordiamo il creativo Richard Florida o la geografa canadese Leslie Kern, esperta di spazio pubblico, genere, disuguaglianze e autrice de La città femminista, tradotto in Italia da Treccani Libri e da noi, in qualche modo “scoperta” prima del successo del testo. Inoltre, tavoli di lavoro dedicati, con oltre 150 professionisti, focalizzano la loro attenzione su una città italiana. Con l’Urban created City break portiamo poi gli appassionati di città a scoprire le prospettive più insolite e sconosciute, quelle umanamente più dense e più capaci di costituire l’ossatura civica di una città e come concretamente si costruisce innovazione urbana nelle città».
Come si ripensa radicalmente una città?
«Con un metodo sperimentale orientato a proiettarla oltre l’esistente, grazie al contributo dell’architettura, del design urbano e di tutte le componenti decisive: cultura, creatività diffusa, impresa, mobilità, tecnologia, innovazione. Inoltre è essenziale ridefinire il concetto di spazio pubblico in ragione di quanto e in che misura un territorio sia connotato dalla qualità delle relazioni che in esso si realizzano. Uno spazio deve destare la responsabilità di viverlo, di goderlo e non rimanere desolato. Deve generare comunità, costruire reti e legami. Tra le nostre realizzazioni in questo senso, voglio ricordare il Precollinear Park. Si tratta di un progetto collettivo di rigenerazione urbana, un parco lineare creato su una ex sede tranviaria. Una best practice fondata sui concetti di ecologia urbana, uso temporaneo e community building. Uno spazio pubblico restituito alla comunità. Grazie all’impegno della community dei volontari, nel 2022, il Precollinear Park è stato tra i 52 progetti finalisti del New European Bauhaus di Bruxelles. Il documentario di Torino Stratosferica sul Precollinear Park ha vinto il premio come Best Tactical Urbanism Film al Better Cities Film Festival di Detroit. Un altro nostro progetto collettivo di cura dello spazio pubblico, placemaking e community building ha comportato, con una serie di interventi leggeri, la restituzione alla comunità di un luogo torinese dal grande potenziale tra il Campus Luigi Einaudi e i gasometri di Italgas. Poiché crediamo che l’attenzione dello sguardo sulla città moltiplichi le opzioni immaginative sul suo potenziale, abbiamo ideato anche un’inedita passeggiata verde, la Royal Green Walk, percorso che conduce dalle Porte Palatine fino alla Mole, per raccontare alcuni luoghi parzialmente inaccessibili del centro storico che conosceranno importanti trasformazioni. Con la collaborazione dei Musei Reali Torino e il supporto di Cassa Depositi e Prestiti e Fondazione Compagnia di San Paolo».
Smaterializzazione, riuso, sostenibilità: la reinvenzione della città ha anche un ruolo etico? Comporta una reinvenzione del modo di essere cittadino?
«Dopo la pandemia, abbiamo compreso la necessità di tematizzare lo spazio pubblico non soltanto come un luogo fisico ma anche come un’area partecipativa di attori interdipendenti. Come un agire comune. La smaterializzazione di beni, servizi e la dispersione dei cittadini sta creando una nuova dimensione urbana. Non dobbiamo solo preoccuparci della città, ma anche del cittadino: cosa lo costituisce? Cosa si può fare per essere cittadini anche in aree non urbane? Come proiettare esternamente l’insieme degli obiettivi in grado di far avanzare, collettivamente e singolarmente, la traiettoria del nostro con-vivere? L’esistenza urbana è in fondo dischiusa nello scenario di senso aperto da queste domande. La rigenerazione urbana è fatta anche della rigenerazione della consapevolezza di cosa significhi essere cittadini, quello che noi chiamiamo citizen making».
A proposito delle città del futuro il Gruppo Heidelberg Materials punta a tagliare del 50% le emissioni di CO2 in atmosfera entro il 2030, per poi centrare l’obiettivo della neutralità carbonica nel 2050. Cosa ne pensa della necessità di sperimentare nuovi materiali e del tema della de-carbonizzazione?
«È un tema senza dubbio cruciale. Dimostra come la conoscenza costituisca lo strumento essenziale per edificare non solo le città ma anche la coscienza civica dei cittadini. A testimonianza di quanto l’argomento sia per noi ineludibile, tra i preziosi ospiti di Uthopian Hours c’è uno dei massimi esperti di biomineralizzazione impegnato nella ricerca di materiali edili sostenibili e durevoli. Si tratta di Admir Masic. Chimico di formazione, principale ricercatore del Concrete Sustainability Hub del Massachusetts Institute of Technology di Boston. Nella sua attività di ricerca sui materiali sostenibili fondamentale è anche il suo ruolo di ricercatore presso il Center for Material Research of Archaeology and Ethnology che gli permette di esplorare antiche forme di costruzione e di sperimentazione dei materiali costruttivi in un’ottica green».
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