Da oltre 20 anni lavora nel marketing e nella comunicazione. Come giornalista, ha curato e cura gli Uffici Stampa di alcune importanti realtà nazionali come l’Unione Camere Penali Italiane e il Consiglio Nazionale Ingegneri. È tra le fondatrici del Green TG, prima web TV italiana dedicata ai temi ambientali.
L’alba di nuovi edifici. Smart e “taglia-consumi”. Intervista al Prof. Niccolò Aste
Il 4 marzo ricorre il World Engineering Day for Sustainable Development, la Giornata Mondiale istituita nel 2019 dall’UNESCO con l’obiettivo di aumentare la consapevolezza sul ruolo dell’ingegneria per affrontare le sfide contemporanee, in particolare per mitigare l’impatto del cambiamento climatico e favorire lo sviluppo sostenibile.
Ridurre l’impatto ambientale del settore immobiliare e contribuire a dirigersi verso un futuro a basse emissioni è ormai un obiettivo che non incontra resistenze, un traguardo da tagliare senza esitazioni. Il climate change è solo uno dei fenomeni epocali in grado di suggerire la necessità di una vigorosa svolta capace di investire l’intero comparto. Gli esempi virtuosi non mancano, come The Forge a Londra, ideato e progettato con lo specifico intento di “muovere guerra” alla CO2. Sul fronte dei materiali, Heidelberg Materials ha assunto un impegno concreto: calcestruzzo e cemento a emissione zero entro il 2050. La frontiera più avanzata della smart building italiana sembra essere Milano, specialmente quando si parla di “ristrutturazione profonda”. A questo concetto e alle sue applicazioni e sperimentazioni internazionali più all’avanguardia si dedica il prof. Niccolò Aste, professore ordinario di Fisica tecnica e ambientale al Politecnico di Milano e coordinatore di progetti per “trasformare” radicalmente gli edifici esistenti creando il minimo disagio a chi li abita e riducendo drasticamente i consumi.
Il Politecnico del capoluogo lombardo ha lavorato a due progetti in tema di ristrutturazione degli edifici: Heart e Re-Skin. Che cosa si intende per deep renovation degli edifici e, nello specifico quali innovazioni realizzano i progetti appena menzionati?
«Nonostante sia diffusamente trattato nella Drettiva per l’Efficienza Energetica degli Edifici, il concetto di deep renovation (ristrutturazione profonda) non è ancora stato univocamente definito nella legislazione dell’Unione. Secondo i principi al momento delineati, la ristrutturazione profonda dovrebbe essere intesa come una ristrutturazione che trasforma gli edifici in edifici a “energia quasi zero”, con l’ambizione di raggiungere a breve il livello di “emissioni zero”. L’obiettivo è quello di aumentare le prestazioni energetico-ambientali degli edifici, cogliendo l’opportunità per affrontare anche altri aspetti, come la qualità dell’ambiente interno e le condizioni di vita delle famiglie vulnerabili, aumentare la resilienza al clima e ai rischi di catastrofe, la sicurezza antincendio, la rimozione di sostanze pericolose come l’amianto e l’accessibilità per le persone con disabilità. I due progetti HEART e RE-SKIN, il primo sviluppato nell’ambito del programma Horizon2020, il secondo all’interno di HorizonEurope, affrontano proprio questa tematica: come è possibile trasformare edifici esistenti in strutture ad alte prestazioni, basso impatto ambientale, resilienza rispetto alle sollecitazioni esterne di vario tipo e fruibilità migliorata. In entrambi i casi si tratta di pacchetti costruttivi-tecnologici-impiantistici che possono essere applicati olisticamente all’edificio, trasformandolo radicalmente in uno smart building ad alte prestazioni. HEART e RE-SKIN sono profondamente interconnessi e il secondo rappresenta per molti versi l’evoluzione del primo, con l’introduzione delle tematiche relative all’economia circolare a fianco di quelle riguardanti l’efficienza energetica. L’innovazione principale per tutti e due consiste nell’approccio sistemico, in cui involucro, impianti, fonti rinnovabili e sistemi di controllo interagiscono organicamente».
Quali possono essere i benefici in termini di riduzione dei consumi degli smart building?
«Si può arrivare a ridurre i consumi di oltre il 90% e addirittura raggiungere concretamente l’obiettivo Zero Energy Building. Le sperimentazioni che abbiamo in corso lo stanno dimostrando sul campo, quindi non a livello teorico, ma attraverso dati reali e misurati».
È possibile parlare di eco-sostenibilità nel mondo delle costruzioni? L’Italia viene spesso considerata un Paese non all’avanguardia, da questo punto di vista. Dal suo osservatorio di uomo di ricerca, ritiene davvero che sia così?
«Si deve parlare di sostenibilità nel mondo delle costruzioni, soprattutto se si considera che il settore edilizio è forse quello a maggiore impatto. All’interno dell’Unione Europea, ad esempio, è responsabile del 40% delle emissioni inquinanti, del 50% dell’estrazione di materie prime, del 40-50% del consumo totale di energia, del 30% dei consumi idrici, del 30% della produzione di rifiuti. Il rischio di green washing, però, è sempre in agguato. Troppo spesso si parla virtuosamente (a fini autopromozionali) ma non si agisce di conseguenza. L’Italia ha una tradizione architettonica e costruttiva millenaria e di grande prestigio, ma ho l’impressione che, negli ultimi anni, siano proprio i nostri architetti a manifestare maggiore resistenza al cambiamento. Se si vuole migliorare, bisogna rinnovare, trasformare, aggiornare metodi progettuali e pratiche costruttive. Ciò che è innovativo, non consolidato, spaventa. Forse manca il coraggio, ma l’aspetto peggiore, sempre a mio avviso, è la mistificazione, quando si spaccia per sostenibile ciò che non lo è, a scopo sfacciatamente commerciale. Eppure la sostenibilità si pesa, si misura con parametri inequivocabili (kWh/m2, kgCO2, …). Ne è la dimostrazione il nuovo quadro di riferimento LEVEL(s), che sta sviluppando la Commissione Europea, proprio per consentire di quantificare e qualificare chiaramente il livello di effettiva sostenibilità di un edificio. HEART e soprattutto RE-SKIN sono stati sviluppati in questo senso, per sperimentare e dimostrare dove si può arrivare nel concreto».
Sul fronte dei materiali (cementi, calcestruzzi, ecc.) quali sono le principali innovazioni per diminuire le emissioni?
«Uno dei passi avanti più significativi ai sensi della sostenibilità in edilizia consiste nell’introduzione di valutazioni sull’intero ciclo di vita delle costruzioni. Per tutti i materiali e componenti utilizzati si devono considerare anche le emissioni e i consumi associati all’estrazione delle materie prime, ai trasporti, alle lavorazioni, alla posa in opera, alla manutenzione, alla dismissione, allo smaltimento, ecc. Un’analisi a 360 gradi che mira a ridurre gli impatti ed evitare gli sprechi. Le innovazioni in questo senso sono molte, con aziende e industrie impegnate a ottimizzare le filiere e ricerche specifiche dedicate a sviluppare soluzioni che, a parità di prestazioni tecniche, siano anche capaci di soddisfare i requisiti ambientali. Nel campo del cemento, ad esempio, si vede un gran fermento in tal senso, concentrato soprattutto sull’efficientamento e la decarbonizzazione dei processi produttivi. Ci sono anche studi molto interessanti sulla possibilità di riciclare conglomerati provenienti dalle demolizioni e sull’utilizzo di composti innovativi. Personalmente, ritengo che la corsa alla Sostenibilità rappresenti un’irripetibile opportunità di crescita e innovazione per l’intero settore delle costruzioni».
L’attenzione al risparmio energetico è ormai vasta, una sensibilità recepita anche dalle direttive Ue. Come cambieranno, da questo punto di vista, gli edifici del futuro?
«Più che di attenzione parlerei di necessità, dettata dall’emergenza. Non solo climatica, se si pensa che tutte le tensioni geo-politiche cui assistiamo a scala globale hanno sempre, in un modo o nell’altro, un sottofondo energetico. Gli edifici del futuro, partendo dagli anni immediatamente a venire, dovranno essere caratterizzati da consumi molto bassi, coperti per la maggior parte da fonti rinnovabili, e contenere drasticamente gli impatti ambientali. Il concetto è semplice, quasi banale, ma la sua piena attuazione non sarà facile. Impedimenti politici, economici, culturali e commerciali rischiano di rallentare il processo. Vantaggi e benefici di un’edilizia concretamente sostenibile devono essere chiaramente percepiti e godere di un consenso collettivo perché trovino piena attuazione. Scetticismo e ignoranza, al contrario, possono rappresentare un grave ostacolo».
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