Dopo la formazione in architettura all’Università La Sapienza di Roma, città in cui ha conseguito l’abilitazione professionale, si è occupata per anni di allestimenti museali, per mostre e fiere presso studi di architettura e all’ICE – Istituto nazionale per il Commercio Estero. In seguito si è specializzata frequentando il “Corso di alta formazione e specializzazione in museografia” della Scuola Normale Superiore di Pisa. Dal 2016 coordina la sezione architettura di Artribune, piattaforma per la quale scrive da giugno 2012, occupandosi anche della scena culturale di Firenze, sua città d’adozione. I suoi articoli sono stati pubblicati su Abitare, Domus, Living, Klat, Icon Design, Grazia Casa e Sky Arte. Oltre all’architettura, ama i viaggi e ha una predilezione per l’Estremo e il Medio Oriente.
Attivo dal 1996, Piuarch è uno studio di architettura e urbanistica con sede a Milano con una consolidata esperienza nella progettazione e realizzazione di edifici per uffici, complessi residenziali, il retail e l’ospitalità, nonché negli interventi di riqualificazione urbana. Per il futuro, i quattro soci fondatori – Francesco Fresa, Germán Fuenmayor, Gino Garbellini e Monica Tricario – vorrebbero orientarsi anche verso gli spazi per l’educazione.

Mattia Balsamini, Piuarch Founding partners.
Nel corso dell’anno appena iniziato è atteso il completamento della nuova sede di Snam, a Milano, da voi progettata. Quali sono gli aspetti salienti del progetto e in quale modo il complesso intende porsi in relazione con l’intorno urbano?
La nuova sede Snam è un progetto a cui teniamo molto. È il risultato di un’attenta riflessione sulle nuove modalità lavorative che sempre di più mettono al centro le persone e i loro bisogni. Per far questo abbiamo portato avanti un dialogo intenso con il cliente, per mettere a fuoco e rispondere con soluzioni innovative alle necessità di una comunità numerosa e variegata – quella dei dipendenti della società. Ci siamo immaginati uno spazio che non sia solo il luogo fisico del lavoro quotidiano, ma anche un contesto significativo, che generi valore e senso di appartenenza. L’edificio si sviluppa su nove piani fuori terra e quattro interrati, per un totale di 19.000 metri quadri, organizzati in tre volumi sovrapposti e sfalsati tra loro. L’idea è quella di occupare la minima impronta a terra e liberare spazio per il parco circostante, messo a punto con il paesaggista Antonio Perazzi. La superficie sottratta al parco dall’ingombro dell’edificio viene idealmente riportata all’interno, nel volume centrale vetrato destinato alle attività collettive, un luogo ricco di verde dedicato alle relazioni tra le persone. Questo nostro progetto vuol essere un segno distintivo – ma non autoreferenziale – all’interno dell’area Symbiosis, un distretto che oggi è nel pieno del suo sviluppo urbanistico: il piano terra trasparente e permeabile della nostra torre sottolinea l’apertura verso il paesaggio e lo spazio urbano circostante.


Restando sul fronte degli headquarter aziendali, a fare la storia di Piuarch hanno contribuito numerose opere realizzate per prestigiosi brand del settore moda, in Italia e all’estero. La considerate come una vostra specifica vocazione oppure come una “fortunata casualità”? E come hanno inciso nella vostra pratica queste esperienze
Lavorare per la moda è sempre una sfida. Richiede un intenso lavoro preliminare di studio e analisi, fondamentale per interpretare l’identità del marchio e tradurla in uno spazio architettonico. I nostri primi lavori risalgono agli inizi della nostra carriera e se probabilmente, come spesso capita, abbiamo iniziato grazie a coincidenze fortuite, possiamo certamente dire che negli anni abbiamo consolidato la capacità di dialogare in modo proficuo con questo tipo di cliente molto esigente – e questa nostra specificità è ampiamente riconosciuta. La lunga collaborazione con Dolce&Gabbana, in particolare, ci ha permesso di lavorare a tutte le tipologie di ambienti che caratterizzano il “sistema moda” – uffici, showroom, prototipia e produzione, sartorie, spazi di rappresentanza e per le sfilate, boutique – e di maturare una grande esperienza che ci ha assicurato ottime collaborazioni con altri brand: da Gucci a Givenchy a Fendi, per ricordare i più conosciuti.

Andrea Martiradonna, Gucci Hub.
In quasi tre decenni di attività, com’è cambiato il vostro approccio alla questione della sostenibilità?
Il nostro approccio alla sostenibilità si è sviluppato parallelamente alla consapevolezza della nostra responsabilità come progettisti verso la società e l’ambiente in cui operiamo. L’industria delle costruzioni ha un impatto estremamente significativo in termini di produzione di CO2 ed è quindi imprescindibile, oggi, adottare strategie di sostenibilità trasversali a tutti gli ambiti della progettazione – che siano ambientali, sociali e di innovazione. Dall’economia circolare per i materiali da costruzione all’impegno nell’efficienza energetica, dall’uso di energia green alla standardizzazione nella progettazione delle componenti costruttive, ponendo sempre al centro l’attenzione al benessere degli utilizzatori finali.

Marcello Mariana, Fendi Factory.
Quali scelte progettuali vi contraddistinguono nell’affrontare questo peculiare e imprescindibile tema?
Una strategia efficace che adottiamo ogni qualvolta abbiamo la possibilità è senz’altro il riuso adattivo degli edifici. Questo approccio consente di ridare nuova vita a strutture esistenti, innescando processi di riattivazione dei luoghi in favore della comunità. È inoltre un’ottima risposta alle sfide ambientali: riduce la richiesta di energia, limita le emissioni di CO2 e minimizza il consumo di suolo.

Marcello Mariana, Fendi Factory.
Anche alla luce delle esperienze professionali maturate all’estero, come definireste il vostro rapporto con il cemento? Quali punti di forza riconoscete a questo materiale anche in relazione alla sfida del tempo?
La nostra architettura è in generale caratterizzata da un’estetica essenziale e in questo le possibilità plastiche del cemento sono fondamentali, così come le sue caratteristiche di durabilità e resistenza. Quando possibile, utilizziamo gli elementi strutturali lasciandoli a vista, senza ulteriori rivestimenti. Possiamo, invece, intervenire sulla colorazione del cemento, per armonizzarci con il contesto in cui ci inseriamo: un esempio calzante è il lavoro fatto per la Fendi Factory, collocata in un sito che ospitava una cava di argilla. Abbiamo studiato attentamente il terreno e la sua variegata palette di colori, individuando il tono più adatto per “sintonizzare” il costruito al suo intorno.

Marcello Mariana, Fendi Factory.
Proiettandoci nell’immediato futuro, verso quali settori della progettazione vorreste orientare la vostra attività, anche nell’ottica di misurarvi con scale e tipologie di edifici che fin qui avete trattato marginalmente o per nulla?
Dal 1996, data in cui è nato Piuarch, a oggi abbiamo affrontato moltissime tipologie e scale di progetto. Attualmente sono in corso progetti che spaziano dagli headquarters e uffici ai luoghi di produzione e logistica, dagli interventi residenziali e di social housing a hub dedicati alla cultura e all’intrattenimento, fino a proposte di masterplan su scala urbana. Nel nostro portfolio di progetti realizzati ci piacerebbe poter aggiungere un tassello mancante: i luoghi dedicati all’educazione, spazi fondamentali su cui investire per supportare una comunità inclusiva, aperta e che promuova la convivenza sociale.

Marcello Mariana, Fendi Factory.
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