Dopo la formazione in architettura all’Università La Sapienza di Roma, città in cui ha conseguito l'abilitazione professionale, si è occupata per anni di allestimenti museali, per mostre e fiere presso studi di architettura e all’ICE - Istituto nazionale per il Commercio Estero. In seguito si è specializzata frequentando il "Corso di alta formazione e specializzazione in museografia" della Scuola Normale Superiore di Pisa. Dal 2016 coordina la sezione architettura di Artribune, piattaforma per la quale scrive da giugno 2012, occupandosi anche della scena culturale di Firenze, sua città d'adozione. I suoi articoli sono stati pubblicati su Abitare, Domus, Living, Klat, Icon Design, Grazia Casa e Sky Arte. Oltre all'architettura, ama i viaggi e ha una predilezione per l'Estremo e il Medio Oriente.
Ingegneri, a Milano la prima Presidente donna. Intervista a Carlotta Penati: «Ecco il futuro della nostra professione»
Fin dall’Ottocento, l’Italia si è distinta nel contesto internazionale per l’eccellenza delle proprie scuole di ingegneria: qui si sono formati professionisti che hanno contribuito a sviluppare soluzioni innovative in ambito tecnico, costruttivo, strutturale, incidendo con forza sul fronte della sperimentazione nei materiali. Maestri di riconosciuta fama (ma anche figure meno note oltre la cerchia degli specialisti) ai quali si devono i progetti di infrastrutture di importanza strategica, oltre che di edifici e complessi considerati esemplari anche dalle generazioni emergenti. Un’eredità solida e prestigiosa per una disciplina e un comparto professionale che appare oggi al centro di una profonda evoluzione. In questi anni gli ingegneri sono infatti chiamati a misurarsi con un contesto globale reso vulnerabile da una pluralità di concause, ma nel quale la loro visione continua a essere determinante. Di orizzonti futuri, delle urgenze in corso in Italia che coinvolgono centinaia di professionisti, dell’imprescindibile tema della sostenibilità, della formazione specialistica dei futuri ingegneri e del cambio di paradigma già rilevabile nel nostro Paese abbiamo discusso con l’Ingegnere Carlotta Penati, Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Milano dal mese di luglio 2022. Per la quale non ci sono dubbi sui prossimi orizzonti: si va verso «un’ingegneria più interdisciplinare e inclusiva, concentrata sulla sostenibilità ambientale, economica e sociale».
Partiamo dall’attualità. Di recente ha manifestato la sua preoccupazione per le modifiche apportate nei provvedimenti legati al cosiddetto Superbonus. Osservando il contesto milanese e nazionale dal punto di vista degli ingegneri, quali sono i timori che l’Ordine rileva? E quali identifica come priorità inderogabili per superare le criticità emerse negli ultimi mesi?
«Il blocco improvviso del meccanismo della cessione dei crediti rende necessaria la definizione – in tempi strettissimi – di una exit strategy rigorosa e chiara per professionisti e imprese, al fine di supportarli nelle conseguenti fluttuazioni occupazionali mediante un sistema di strategie e deroghe mirate alle norme emanate lo scorso 17 febbraio. Contemporaneamente, va pianificata una modalità sostenibile sotto il profilo tecnico-economico per l’attuazione delle misure innovative previste dalla Direttiva Europea sulle Prestazioni Energetiche degli Edifici (EPBD, 2010/31/EU della Dir. 2010/31/EU) e del decreto-legge 11/2023, che attualmente prevedono una scadenza al 2030 per efficientare gli edifici privati poco prestanti e del 2027 per quelli pubblici. Al fine di una pianificazione accorta auspichiamo un forte coinvolgimento degli ordini professionali tecnici a supporto delle azioni governative. Gli ingegneri, come sempre, sono disponibili».
Alla luce della sua esperienza (si è laureata in ingegneria edile e architettura, n.d.r.), ritiene che le formazioni universitarie e post-universitarie che coniugano più discipline tecniche, come ad esempio la scienza e la tecnologia dei materiali, offriranno alla prossima generazione di professionisti strumenti e competenze per fronteggiare un contesto globale segnato da crisi articolate e connesse a più ambiti? In altre parole, quali potranno essere le ricadute in ambito formativo (e poi professionale) degli “sconvolgimenti”, in primis ambientali, della nostra epoca?
«La formazione universitaria e post-universitaria che racchiude e associa più discipline tecniche aiuterà i professionisti a sviluppare una visione più olistica e interdisciplinare, necessaria alla risoluzione di problemi complessi. Alle nuove generazioni saranno dati gli strumenti necessari per comprendere e affrontare le problematiche da prospettive differenti. Sarà fornita, ad esempio, una solida base di conoscenza nel campo delle tecnologie digitali, dei big data, dell’intelligenza artificiale e delle scienze computazionali; inoltre verranno anche offerte conoscenze e competenze necessarie per comprendere il contesto ambientale, sia a livello locale che globale, come ad esempio la gestione dei rifiuti, la conservazione della biodiversità, la prevenzione e il confinamento delle calamità naturali e la riduzione dei cambiamenti climatici».
Parliamo del futuro dell’ingegneria. In quali processi della costruzione e della trasformazione urbana il contributo degli ingegneri diventerà ancora più strategico e decisivo? Cosa cambierà nella professione?
«L’ingegneria dovrà certamente diventare sempre più interdisciplinare e inclusiva e concentrarsi maggiormente sulla sostenibilità ambientale, economica e sociale. Gli ingegneri hanno un ruolo importante nello sviluppo del Paese: si pensi ad esempio alle realizzazioni di infrastrutture sostenibili, alla creazione di nuove tecnologie e di applicazioni innovative, oltre che alla progettazione di sistemi di trasporto efficienti e accessibili. Per quanto riguarda la trasformazione urbana, il fine ultimo è quello di realizzare città smart, integrate e sostenibili, quindi maggiormente vivibili per l’essere umano e con ridotto impatto ambientale».
Per la prima volta dalla sua istituzione l’Ordine degli Ingegneri di Milano ha una Presidente donna: lei è anche la più giovane presidente di sempre dell’ordine professionale milanese ed è al vertice di un consiglio composto da otto donne e sette uomini. La sua nomina riflette anche una più ampia metamorfosi in corso nell’universo professionale di cui lei fa parte?
«La mia presidenza è un chiaro segnale che le donne devono essere presenti anche in posizioni di leadership e che le istituzioni devono impegnarsi per garantire pari opportunità ed equa rappresentanza in posizioni di alto livello. Fortunatamente anche nel campo dell’ingegneria le donne sono sempre più presenti ed in grado di fare la differenza con la loro capacità e competenza. Credo, però, che vi sia ancora necessità di miglioramento».
Ovvero?
«Ad esempio, le aziende e gli studi professionali nei settori dell’ingegneria e della tecnologia devono promuovere maggiore coinvolgimento e partecipazione delle donne ai processi decisionali, prevedere specifici percorsi formativi, incoraggiare percorsi di networking e di sviluppo professionale. Ciò al fine di un maggior coinvolgimento delle donne a beneficio di tutta la collettività».
Come è cambiata la composizione dell’Ordine che presiede nell’arco dell’ultimo decennio? Quali sono le specializzazioni in cui la componente femminile risulta più significativa e attiva?
«Stiamo assistendo a un incremento progressivo del numero di laureate e di immatricolate ai corsi di ingegneria. Ne è prova il fatto che la percentuale di donne laureate in ingegneria è passata dal 16% nel 2000 al 28,1% nel 2019. A questo trend di crescita corrisponde un analogo andamento di laureate in ingegneria iscritte all’Albo professionale. Ad esempio, nei corsi di laurea in ambito civile la presenza femminile è in notevole crescita, tanto è che il 60,3% degli immatricolati nell’anno accademico 2019-2020 è stato di sesso femminile; tali percentuali decrescono, invece, drasticamente nei settori industriale e dell’informazione, con percentuali di immatricolate inferiori al 24%. Nonostante il nostro Paese, in riferimento a donne laureate in ingegneria, si collochi nella fascia alta in Europa, resta comunque un forte gap occupazionale di genere: il tasso di disoccupazione a un anno dalla laurea è pari all’8,2% per le laureate in ingegneria, a fronte di un 5,5% per gli uomini. Si rileva, inoltre, un gender gap salariale pari a circa il 10% rispetto ai colleghi. Tutto ciò evidenzia che siamo ancora distanti dai traguardi prefissati di equità di genere; per tale motivazione l’azione del Consiglio che presiedo sta promuovendo il superamento delle attuali criticità con particolare focus a partire dalla formazione professionale».