Dopo la formazione in architettura all’Università La Sapienza di Roma, città in cui ha conseguito l'abilitazione professionale, si è occupata per anni di allestimenti museali, per mostre e fiere presso studi di architettura e all’ICE - Istituto nazionale per il Commercio Estero. In seguito si è specializzata frequentando il "Corso di alta formazione e specializzazione in museografia" della Scuola Normale Superiore di Pisa. Dal 2016 coordina la sezione architettura di Artribune, piattaforma per la quale scrive da giugno 2012, occupandosi anche della scena culturale di Firenze, sua città d'adozione. I suoi articoli sono stati pubblicati su Abitare, Domus, Living, Klat, Icon Design, Grazia Casa e Sky Arte. Oltre all'architettura, ama i viaggi e ha una predilezione per l'Estremo e il Medio Oriente.
Architetti e Ingegneri milanesi a confronto sui processi produttivi sostenibili: costruire ex novo o ristrutturare?
Uso accurato dei materiali da costruzione, riduzione dell’impatto ambientale, attenzione ai costi, efficienza dei sistemi di produzione: qual è lo scenario del mondo della progettazione rispetto ai processi produttivi sostenibili? Una conversazione sul tema con l’Ingegnere Silvio Bosetti – Presidente Fondazione Ordine Ingegneri Milano – e con l’Architetto Federico Aldini – Presidente Ordine Architetti Milano –, con lo sguardo già rivolto alle sfide che attendono la comunità degli architetti e degli ingegneri italiani alla “prova” del PNRR.
La sempre più diffusa attenzione all’impatto delle azioni individuali e collettive sull’ambiente sta agendo da acceleratore anche nei processi di trasformazione edilizia e territoriale, a tutte le scale di intervento (compresa quella infrastrutturale). Si punta a vivere e lavorare in “edifici intelligenti”, efficienti dal punto di vista energetico, così come a disporre di infrastrutture affidabili e sicure, realizzate attraverso uno scrupoloso uso delle risorse. Un passaggio cruciale, sollecitato anche dalle nuove richieste della committenza, sia pubblica che privata.
Architetto Aldini e Ingegnere Bosetti, in quale modo il mondo professionale sta recependo questo cambio di paradigma? Rispetto al recente passato, quali modifiche si possono rilevare in un’ottica di sostenibilità sul fronte della progettazione e, soprattutto, in cantiere?
F.A. «Indubbiamente il mondo professionale non solo ha recepito questo cambiamento, ma ne è diventato sempre di più parte attiva sviluppando nuove competenze e ambiti di approfondimento e innovazione. L’attenzione all’ambiente, al riciclo di materiali da costruzione, alla progettazione che preveda elementi fondanti di sostenibilità sono alla base delle nuove attività di progettazione e questo vale sia per gli interventi di nuova costruzione che per i recuperi. Al di là delle certificazioni alle quali ricorrono molti operatori del settore, anche gli strumenti di governo del territorio si sono evoluti in questo senso e hanno gettato le basi per regolamentare e, si spera, monitorare elementi che porgono particolare attenzione all’ambiente che fino a qualche anno fa erano impensabili. Per esempio: la mitigazione delle “isole di calore”, la riduzione delle emissioni di carbonio, il verde come elemento che contribuisce all’innalzamento degli standard abitativi. L’uso di materiali composti da materie prime rinnovabili con un’alta percentuale di materiale riciclato è diventato sempre più frequente anche nell’ambito degli appalti privati; ha contribuito a questo l’obbligatorietà del rispetto dei Criteri Ambientali Minimi (CAM) nei casi di isolamento termico degli edifici che vogliono usufruire degli incentivi relativi del Superbonus 110%».
S.B. «Le nostre generazioni, e il mondo professionale in primis, sono “obbligate” ad affrontare la sfida di conciliare l’uso sostenibile e razionale delle risorse con i comportamenti e le aspirazioni di una vita sociale ed economica che è assestata su stili e paradigmi soventemente opposti. Le committenze di nuove opere o riqualificazione di infrastrutture – le “stazioni appaltanti” – sono chiamate a cogliere queste sfide e a recepire le norme che le indirizzano. In questo senso il mondo professionale è un anello di raccordo essenziale per “la messa a terra” del nuovo paradigma. Ne siamo consapevoli e, per assicurare una collaborazione attiva e funzionale, agiamo sistematicamente su tre leve: la formazione permanente, la normazione e la diffusione delle best practice, la diffusione di un approccio di conduzione dei progetti che sia multidisciplinare e collaborativo. Perché queste tre linee di azioni si compiano con successo gli Ordini professionali generano corsi di formazione, collaborano con le Università e le Associazioni tecniche, sono permanentemente seduti ai tavoli della normazione, sono pronte a ricevere suggerimenti dal mondo dell’industria per apprendere dal mercato la disponibilità di nuovi prodotti o soluzioni».
Il quadro con cui il Paese si sta presentando “alla prova” del PNRR appare frammentato. Da un lato si registra una crescente domanda di qualità ambientale e una più diffusa consapevolezza sul tema della sostenibilità; dall’altro persiste un gap infrastrutturale sanabile con nuovi interventi o con il potenziamento di quelle esistenti. In ambito architettonico, assistiamo al verificarsi di fenomeni “in apparente contraddizione” fra loro: nelle aree metropolitane, in particolare, si verifica sia il consumo di suolo, sia la dismissione di aree edificate, potenzialmente riattivabili. Quali fattori intervengono nella scelta, laddove è possibile compierla, fra la ristrutturazione o la costruzione ex novo? Per i non specialisti, il primo percorso potrebbe essere etichettabile come “più sostenibile”: è davvero così?
F.A. «Ci sono diversi fattori che contribuiscono nella scelta tra il recupero dell’esistente e la nuova costruzione. Un elemento, ad esempio, è la capacità dell’edificio esistente di sapersi adeguare a nuove funzioni, alle nuove esigenze normative; mi riferisco in particolare agli aspetti di “carattere” strutturale piuttosto che di “caratteristiche”, alla sua importanza dal punto di vista architettonico e altro. La combinazione di questi elementi, associata al relativo impatto economico delle varie alternative, porta a individuare la soluzione ritenuta ottimale. Il consumo del suolo è una tematica ricorrente negli ultimi anni, tant’è vero che gli strumenti di pianificazione del nostro territorio in generale prevedono poco spazio per interventi di questo tipo. Più frequenti invece, nel caso specifico di Milano, sono le aree precedentemente destinate ad attività produttive che vengono riqualificate e che sono oggetto di importanti interventi di rigenerazione urbana. In questi casi è più facile che si verifichino situazioni in cui il recupero dell’esistente diventi inefficiente, dal punto di vista ambientale inefficace e nel complesso meno sostenibile della demolizione e successiva costruzione».
S.B. «Laddove ci sono le condizioni conviene buttare giù e ricostruire. È facilmente intuitivo che una scuola, un ospedale, un carcere sarebbero oggi costruiti con soluzioni molto più efficaci che assicurano al contempo una vivibilità o una gestione più sostenibile (da tutti i punti di vista!). I vincoli non sono pochi, a cominciare dalle regole autorizzative, ma affrontabili e superabili. Oggettivamente il PNRR è un’ulteriore opportunità di mettere a punto metodi di intervento e di investimento efficaci e ragionevoli. Personalmente non sono “negativo” sul tema della scarsa sensibilità al tema ambientale o degli aspetti dei beni culturali. Viviamo in un Paese dove la natura (il mare, le montagne, i boschi, le pianure, ecc.) è un elemento intrinseco della nostra storia e del nostro presente. Laddove ci sono stati abusi o errori di intervento questi vanno rimossi e puniti, purtuttavia non lasciamoci distrarre da diffuse colpevolizzazioni di nemici dell’ambiente e di distruttori di risorse. Il punto principale su cui agire è sulla capacità di pianificazione, con analisi costi benefici semplificate e scevre di radicamenti ideologici».
L’Italia potrebbe presto dotarsi della Legge per la Rigenerazione Urbana, le cui misure sono in queste settimane esaminate nella Commissione Ambiente del Senato. Quali ritiene possano essere i punti di forza di questo nuovo strumento normativo? E quali identificherebbe come potenziali criticità da evitare nella sua stesura definitiva?
F.A. «Da tempo si parla di rigenerazione urbana, a livello locale e regionale, e sono state messe in atto azioni normative in tal senso. La nuova legge nazionale dovrebbe attualizzarsi alle nuove esigenze delle città alla luce del periodo storico che stiamo vivendo: dovrà avere la capacità di adeguarsi alle molteplici e profondamente diverse situazioni che caratterizzano il nostro territorio. La Legge dovrà dimostrare di avere la capacità di attivare una serie di azioni e benefici mirati ad avviare processi di rigenerazione diffusa su spazi pubblici e privati, che prevedano la riqualificazione del costruito con le modalità mirate al rispetto dell’ambiente, il potenziamento e la realizzazione di nuove infrastrutture, spazi verdi e servizi per la collettività. Un elemento fondamentale che non può essere trascurato è l’indispensabile obiettivo volto alla semplificazione dei processi amministrativi ed autorizzativi, che sono alla base di qualsiasi progetto di rigenerazione».
S.B. «L’implementazione di progetti di “rigenerazione urbana” è una necessità per le nostre città. Pur in un Paese con dinamiche urbanistiche alquanto differenti (dai borghi storici del Centro Italia alle periferie estese delle grandi città) il tema del ripensamento di parte delle Città è essenziale. Le norme che ne usciranno devono tenere conto di queste multiformi declinazioni storiche e consentire a chi vive ed amministra il territorio (gli enti locali, le parti sociali, gli operatori immobiliari o i gestori dei grandi servizi locali) di progettare ed intervenire valorizzando le competenze e risorse proprie di quell’ambito. Per questo la Legge dello Stato deve dare indirizzi e permettere un’efficace azione sussidiaria, nonché implementare la fiducia nell’approccio di collaborazione tra pubblico e privato (il ben noto strumento del PPP)».
Quali azioni sta promuovendo l’istituzione che presiede per aggiornare le competenze dei professionisti, anche in relazione alle nuove modalità di impiego di materiali essenziali per la produzione edilizia, come il cemento?
F.A. «L’Ordine degli Architetti di Milano e la sua Fondazione hanno tra i propri obiettivi quello di affiancare all’offerta formativa gratuita per i propri iscritti anche percorsi più articolati, strutturati e diversificati in grado di garantire un maggiore approfondimento tecnico e professionale negli ambiti più diversi».
S.B. «La Fondazione dell’Ordine degli Ingegneri di Milano – pur in un periodo complesso come quello delle restrizioni pandemiche – tramite le tecnologie della formazione a distanza, in un anno ha portato in aula 16.000 professionisti. I corsi sono stati 250 con circa 200 docenti, provenienti dal mondo delle professioni, dalle Università e dagli Enti istituzionali. I nostri temi forti riguardano la sicurezza in tutti i suoi aspetti: prevenzione e protezione, antincendio, sismica, sicurezza nei cantieri. Altri temi attuali sono quelli della progettazione in BIM, la normazione energetica ed ambientale, il “project management”. Certamente anche l’aspetto dei materiali per l’edilizia è un tema di formazione molto importante. Conoscere i nuovi prodotti e le nuove soluzioni mostrando le migliori tecniche è al centro di alcuni nostri corsi. Il cemento è un elemento assolutamente interno a questo percorso. In questo senso l’occasione è utile per rammentare che la nostra formazione avviene anche attraverso la valutazione di proposte da parte di industrie ed associazioni tecniche per forme di partenariato o sponsorizzazione. La collaborazione con questi soggetti è pertanto altrettanto essenziale!».