Come ingegnere ambientale ha svolto attività di progettazione e direzione lavori per la messa in sicurezza di emergenza di discariche per RSU, progettazione e direzione dei lavori infrastrutture ed impianti per la gestione dei rifiuti solidi urbani. È stata docente in corsi di formazione professionali con la Scuola Politecnica dell’Università di Palermo al Corso universitario “Esercizio della Professione di Ingegnere”. È perito ingegnere in materia penale per il Tribunale di Trapani sezione Misure di Prevenzione. Dal 2009 è responsabile tecnico della Calcestruzzi Ericina Libera Soc. Coop. azienda confiscata alla mafia ed oggi gestita della cooperativa dei lavorativi ai sensi della legge 109/96, e dal 2014, ne è anche amministratrice delegata. All’interno della cooperativa svolge le mansioni di: responsabile tecnico per l’attività di recupero rifiuti speciali non pericolosi, responsabile controllo produzione in fabbrica del calcestruzzo, degli aggregati e degli aggregati riciclati, responsabile servizio prevenzione e protezione. Per la Calcestruzzi Ericina Libera Soc. Coop, nelle diverse sedi istituzionali, ha discusso ed approfondito l’applicazione della normativa europea e nazionale sul riutilizzo degli aggregati riciclati nelle opere pubbliche, oltre all’attività di sensibilizzazione e formazione. In rappresentanza della stessa cooperativa, è stata relatrice in diversi convegni. Dal 2011 è, inoltre, impegnata nel sociale come referente del presidio di Libera a Trapani, Associazione Nomi e Numeri contro le mafie.
Insieme si può: Calcestruzzi Ericina Libera ne è un esempio concreto
Calcestruzzi Ericina Libera è la storia di un Noi. Una cooperativa di lavoratori che gestisce un bene confiscato alla mafia grazie a un lavoro di squadra in cui ognuno è fondamentale: dai lavoratori alle istituzioni pubbliche fino alle associazioni di cui siamo partner.
L’azienda è il risultato della volontà caparbia di persone oneste che hanno fatto tutte la loro parte permettendo che quello che un tempo fu un simbolo del potere che la malavita esercitava a Trapani rinascesse dalle sue ceneri come una fenice diventando esempio per l’Italia e l’Europa di come si può gestire con profitto un bene confiscato. Un posto di lavoro che oggi è anche meta di viaggi d’istruzione per i ragazzi delle scuole di tutta la Nazione e per ricercatori europei, dalla Germania alla Francia, che vengono per studiare cosa facciamo e provare a replicare il modello nei loro Paesi.
La storia inizia negli anni Settanta quando un gruppo di imprenditori trapanesi fondò un’impresa di calcestruzzi, acquisita successivamente negli anni Novanta da altri soggetti che si rivelarono poi collusi con la mafia trapanese. Nel 1996 l’Azienda venne posta sotto sequestro preventivo e venne nominato un primo amministratore giudiziario, Luigi Miserendino, applicando per la prima volta in Italia la legge 109 del 1996 sul riutilizzo pubblico e sociale dei beni confiscati alle mafie. Nel 2000 si arrivò alla confisca definitiva dell’azienda, la cui proprietà passò allo Stato ma che la mafia cercò di far fallire boicottandone l’attività. L’amministratore giudiziario, intuito il disegno malavitoso, si rivolse all’allora prefetto di Trapani Fulvio Sodano che riuscì a sventare il piano grazie all’azione sinergica di Procura, Tribunale e Forze dell’Ordine. Ma fu nel 2003 che la situazione comincia a volgere al meglio: l’Azienda ottenne la prima importante commessa grazie all’aggiudicazione dei lavori per l’America’s Cup, il più antico trofeo nello sport della vela.
A fianco di questa realtà e dei suoi lavoratori scese in campo Libera, Associazioni, Nomi e Numeri Contro le Mafie di Don Ciotti, Legambiente e un tecnico esterno pioniere nel settore del riciclaggio, poi divenuto uno di quel “NOI”, che insieme coinvolsero la Legacoop, ovvero la Lega Nazionale delle Cooperative e Anpar, l’Associazione Nazionale Produttori di Aggregati Riciclati, per pianificare la rinascita dell’attuale Calcestruzzi Ericina Libera società cooperativa. Fu grazie alla lungimiranza di questi attori, legata a una sensibilità allora non comune per la sostenibilità ambientale, che si decise non solo di rinnovare gli impianti per la produzione di calcestruzzo ma di affiancarvi anche una nuova tecnologia per il riciclaggio dei rifiuti inerti. Un impianto all’avanguardia per il recupero degli scarti edili, le cosiddette macerie. Una mossa strategica che permise da allora di avere il logo Legambiente sui nostri prodotti E&W (End of Waste) e non solo anche sul calcestruzzo prodotto con aggregati riciclati.
Da queste avventurose premesse ed iniziative nacque nel 2008 la Calcestruzzi Ericina Libera, la cooperativa per la quale mi fu proposto di collaborare a questo ambizioso progetto quello stesso anno, a partire da una telefonata che mi fece l’allora amministratore giudiziario, Luigi Miserendino, che io inizialmente presi, così su due piedi, per uno scherzo telefonico. All’epoca ero infatti una giovane libera professionista, mi occupavo di consulenza in campo rifiuti come ingegnere ambientale e quella che mi veniva proposta era davvero una sfida. “Si chiedeva a una donna” di gestire, dapprima in veste di ingegnere in prova, poi diventata Responsabile Tecnico e successivamente (nel 2011) Amministratrice Delegata di una cooperativa di lavoratori che gestisce un bene confiscato alla Mafia Trapanese. Ciò svolgendo il mio lavoro nello stesso territorio a rischio d’infiltrazione malavitosa, in un settore, quello delle costruzioni, a forte prevalenza maschile e con una mentalità all’epoca ancora maschilista. Senza dimenticare che l’azienda intendeva investire nell’ambito della sostenibilità ambientale quando qui, nel nostro territorio e non solo, nessuno nemmeno la nominava. Era una proposta per cui servivano nervi saldi, condivisione e passione per il progetto: accettai con entusiasmo e un pizzico di incoscienza.
Attualmente lavorano in Calcestruzzi Ericina Libera otto soci, me compresa, e quattro dipendenti, di cui due venticinquenni che hanno sostituito altrettanti lavoratori andati in pensione. Abbiamo un impianto di calcestruzzo preconfezionato e annesso un impianto per il riciclo degli scarti edilizi con cui serviamo l’area di Trapani per un raggio di circa quaranta chilometri fornendo, per la realizzazione di opere di ingegneria civile, materia prima e materia prima secondaria prodotta dal nostro impianto di riciclaggio inerti. Grazie alla sua avanzata tecnologia il nostro impianto ogni anno recupera e valorizza trentacinquemila tonnellate di macerie, come anzidetto provenienti dal trapanese, producendo aggregati riciclati di qualità, in diverse granulometrie e ciò fino ad otto pezzature in contemporanea, idonei alla realizzazione di riempimenti stradali, aeroportuali e sottofondi, drenaggi, calcestruzzi e altro ancora recuperando fino al 98% di materia prima da rifiuto. Tramite una lavorazione a basso consumo energetico e a basso impatto ambientale, con differenziazione e separazione delle frazioni di recupero di natura lapidea, da noi riutilizzate direttamente, da quelle ferrose, che vengono recuperate per altri settori, da quelle leggere, ovvero legno, carta e plastica, che vengono invece scartate; la nostra realtà garantisce prodotti in linea con quanto richiesto dagli standard dell’Unione Europea.
Nonostante dal 2003 l’Italia abbia recepito la normativa europea che richiede l’uso di materia prima secondaria nelle nuove opere di costruzione in una proporzione pari al 30%, la sua applicazione è stata difficile e negli anni ci siamo quindi dedicati anche a sensibilizzare il territorio in merito alla sostenibilità e contro i pregiudizi inveterati legati alla supposta scarsa qualità del materiale, l’aggregato riciclato, proveniente da rifiuti e combattendo al contempo le prassi consolidate non conformi alla legge. Abbiamo fatto vere e proprie battaglie per far applicare le normative con seminari e campagne di informazione, richieste agli assessorati e proteste finché finalmente siamo riusciti a fare inserire questi materiali nel Prezziario Regionale Siciliano. Nel 2014 siamo stati anche invitati come ospiti a Bruxelles, presso la Comunità Europea, rappresentando l’Italia alla Commissione Industria e Costruzioni per un workshop sugli aggregati riciclati e la difficoltà a implementare l’utilizzo su vasta scala di questo prodotto nel mercato delle costruzioni. Adesso con il nuovo codice degli appalti è obbligatorio per tutti usarli ma le richieste per calcestruzzo strutturale certificato CAM (acronimo di Criteri Ambientali Minimi) sono ancora basse. In questo senso riponiamo fiducia nel PNRR perché i numeri possano finalmente aumentare e far decollare la nuova pratica virtuosa.
Per noi il piano economico è da ritenersi come da assolutamente indivisibile da quello sociale e ambientale e per questo il concetto di sostenibilità assume una valenza molto ampia, caratterizzando ogni nostra pratica gestionale e risultando sempre dalla somma di tutte queste diverse prospettive messe insieme. La qualità del calcestruzzo, ad esempio, la traduciamo automaticamente in sicurezza del consumatore. Noi vogliamo che il nostro calcestruzzo continui a essere un calcestruzzo di alta qualità prestazionale. Abbiamo letto di ponti che cadono e bambini che vanno a scuola e non tornano più a casa. Sostenibilità vuol dire anche sicurezza per la collettività. Bisogna che sia universalmente chiaro che il mercato illegale riguarda tutti noi e che ciò che non è sostenibile viene pagato dalla società tre volte: quando si crea un’opera qualitativamente scarsa con soldi pubblici, quando la si deve abbattere perché appunto inadeguata e quando infine deve essere ricostruita. Contesti perfino problematici da descrivere e commentare…
Questo discorso riguarda sia l’edilizia che l’ambiente. E coinvolge tutti. Che valore vogliamo dare alla sicurezza e sostenibilità ambientale? Quei pochi euro in meno che non spendo quando acquisto vorrei sapere da dove sono stati tolti. Un prodotto con un prezzo più basso di quello del mercato implica certamente o lo sfruttamento dei lavoratori, o la precarietà delle loro condizioni di sicurezza, o l’abbassamento della qualità dei componenti del prodotto, o il mancato rispetto dei parametri fondamentali per l’ambiente. Oppure tutti insieme questi elementi presi in esame. Noi vogliamo un approccio etico e sostenibile a ogni livello del lavoro.
È per questo che da sempre, anche prima del mio arrivo in azienda, lavoriamo e abbiamo avuto un ottimo rapporto di fiducia con Italcementi un tempo e ora con il nuovo brand Heidelberg Materials. Ci riconosciamo negli stessi obiettivi di sostenibilità e attenzione alla qualità, sia del prodotto che dei lavoratori e dell’ambiente, cooperando in un clima di accordo condividendone la strategia per realizzare progetti che diventano ogni volta sempre più sfidanti e impegnativi. Già dai tempi dell’appalto vinto per realizzare il rinnovamento del porto di Trapani con la America’s Cup, Italcementi aveva preso parte attiva alla nostra rinascita dopo la confisca per mafia. Ogni volta che abbiamo un progetto con richieste sempre più individualizzate e performanti è un’occasione per rinsaldare il nostro rapporto con loro, per cui ci rivolgiamo al laboratorio di Heidelberg Materials sapendo di poter contare in un confronto aperto con i loro tecnici. Ma non solo. Risale solamente al marzo scorso, il 21 marzo 2024, l’ultima collaborazione insieme per una conferenza presso l’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Trapani dal titolo “Una Scelta Sostenibile: I nuovi cementi”. Abbiamo molto in comune con Heidelberg Materials ed è bello quando c’è occasione di condividere un tratto di strada insieme con chi ha i nostri stessi valori.
Noi non siamo semplici lavoratori. Siamo qui perché ci crediamo. Crediamo nella missione che ci siamo dati e sappiamo che, se tutti facciamo la nostra parte, allora si può realizzare anche quello che sembrava impossibile, come la nostra realtà. All’interno del sito produttivo abbiamo eretto un muro in blocchi di calcestruzzo con la scritta “Insieme si può!” per dire che sfide sociali e ambientali si possono vincere se tutti ci mettiamo in gioco. Nei fatti e non solo a parole.
Citando un antico detto Masai “Noi non abbiamo ereditato il mondo dai nostri padri, ma lo abbiamo avuto in prestito dai nostri figli e a loro dobbiamo restituirlo migliore di come lo abbiamo trovato”.
Componenti della cooperativa
Giacomo Messina
Presidente
Socio fondatore nel 2008 della Società Cooperativa Calcestruzzi Ericina Libera
Bartolo Caruso
Vice Presidente
Socio fondatore nel 2008 della Società Cooperativa Calcestruzzi Ericina Libera.
Bartolomeo Cicala
Vice Presidente ed impiantista
Socio fondatore nel 2008 della Società Cooperativa Calcestruzzi Ericina Libera.
Gisella Mammo Zagarella
Amministratore Delegato e Resonsabile Tecnico della Società Cooperativa Calcestruzzi Ericina Libera.
Pietro Maggio
Autista Autobetoniere
Socio fondatore nel 2008 della Società Cooperativa Calcestruzzi Ericina Libera.
Mario Genna
Autista Autobetoniere
Socio fondatore nel 2008 della Società Cooperativa Calcestruzzi Ericina Libera
Giovanni Ruggirello
Autista Autobetoniere
Socio fondatore nel 2008 della Società Cooperativa Calcestruzzi Ericina Libera
Carmelo Peraino
Operatore impianto – Autista Autobetoniere
Piero Campo
Operatore impianto – Autista Autobetoniere
© RIPRODUZIONE RISERVATA