Ventinove anni, giornalista veneziano. Ha seguito la cronaca di Milano per Repubblica e ora per Linkiesta, racconta storie sull’ambiente per Ohga (anche come videomaker) e sulla pagina Numeri Verdi. Ha pubblicato dei reportage su GQ e Yanez Magazine. Dal 2019 collabora con Pirelli e da quest’anno lavora come assistant producer per i contenuti sportivi di Prime Video.
Costruire una cultura sostenibile: una rivoluzione che parte dai giovani. Intervista alla Prof.ssa Francesca Giglio
In un’epoca segnata da grandi cambiamenti e grandi emergenze, a cominciare da quella ambientale, i giovani sono spesso la forza propulsiva del cambiamento. Per le studentesse e gli studenti, e per tutti i ragazzi che entrano nel mondo del lavoro, concetti come la sostenibilità ambientale e sociale non sono negoziabili, sono la base da cui qualsiasi progetto deve partire. Il mondo delle costruzioni non fa eccezione, anzi è proprio tra quelli che più necessita di innovazione e le collaborazioni con Atenei e Centri di ricerca oggi possono rivelarsi molto proficue. Ne abbiamo parlato con la professoressa Francesca Giglio, ricercatrice in Tecnologia dell’Architettura e delegata alla Ricerca e Terza Missione del Dipartimento Architettura e Territorio, dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria.
Come può il mondo delle costruzioni essere sostenibile?
«Non esiste una risposta univoca, il concetto di sostenibilità è sempre legato al contesto e agli aspetti sociali, culturali ed economici di un luogo. C’è però un dato certo, su cui dobbiamo basarci: il settore delle costruzioni ha una forte responsabilità in termini di impatto prodotti sull’ambiente, sia per quanto riguarda le risorse estratte irreversibilmente dalla natura, sia rispetto a quello che produce in termini di rifiuti ed emissioni. L’uso efficiente delle risorse riveste una importanza a livello europeo e internazionale, viste le strategie e le azioni che si stanno mettendo in campo per favorire la transizione verso nuove economie sostenibili e inclusive. La Comunità Europea, attraverso l’ambizioso piano strategico dell’European Green Deal, mira a compensare attraverso azioni specifiche le emissioni di gas serra all’interno dell’UE entro il 2050, anche attraverso l’introduzione di nuove norme sull’economia circolare, sulla ristrutturazione degli edifici, e sull’innovazione, in linea con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile della Agenda delle Nazioni Unite 2030 e in particolare con l’obiettivo 12 “Garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo”. Partendo da questa consapevolezza, per essere più sostenibili, bisogna accelerare l’innovazione che troppo spesso, ancora oggi, il settore delle costruzioni tarda ad acquisire nel trasferimento da altri settori produttivi, come il settore spaziale o automobilistico, o dal settore industriale in generale».
Costruire in cemento può essere sostenibile?
«Come dicevo prima, la sostenibilità non è un concetto assoluto. Fino a qualche anno fa si usavano solo materiali da cava, quindi era impensabile associare il concetto di sostenibilità alla produzione del cemento. Oggi però il settore della Produzione, motore dell’innovazione materica e tecnologica, propone sperimentazioni di miscele del cemento che comprendono scarti di altri settori, utilizzando materie prime provenienti da altri cicli industriali in un’ottica di economia circolare. Ciò che per una industria è scarto, per altre filiere produttive diventa ciclicamente risorsa, valorizzandone il ciclo produttivo. In questo modo possiamo bilanciare il forte impatto derivante dalla sua fase produttiva, riducendo la quantità di materiali estratti, di energia consumata e di CO2 emessa nell’intero ciclo di vita, rispetto alla fase di uso, molto più estesa nel ciclo di vita di un prodotto. La ricerca in questo dà un grandissimo contributo, perché possiamo individuare nuovi scenari, vogliamo e dobbiamo individuarli. Sono concetti teorici che vanno naturalmente avallati attraverso dati scientifici e strumenti analitici, come la LCA (Life Cycle Assessment) per valutare gli aspetti ambientali associati a un prodotto e le EPD (Environmental Product Declaration), per garantire informazioni chiare e comprensibili sui livelli di misurazione della sostenibilità di un prodotto. Fino a vent’anni fa il ciclo di vita del cemento non comprendeva possibili scenari di fine vita, ma solo la discarica. Oggi invece si prefigurano molteplici scenari di seconda vita come il reimpiego, il riuso e il riciclo».
Quali risvolti sociali possono avere l’innovazione e la ricerca di nuovi materiali?
«Siamo nell’era della Social e della Open Innovation; non esiste un’innovazione se non c’è un contesto sociale che la accetti. Se la società è pronta, allora l’innovazione diventa tale, altrimenti rimane un prototipo, una sperimentazione senza diffusione. Tutti i progetti finanziati dall’UE riconoscono un ruolo importante nell’impatto sociale degli stessi e, tra questi, la ricerca e la sperimentazione di materiali avanzati e performanti, in continua evoluzione nel settore delle costruzioni – ancora di più nel progetto di Architettura – ha a che fare con le persone, con il loro benessere. Questo vale sia per gli aspetti estetici (quello che percepiamo intorno a noi è relativo all’innovazione materica), sia rispetto agli aspetti performanti, connessi alla vivibilità, al comfort, alla riduzione dell’inquinamento. Il nesso tra il benessere delle persone e i materiali è strettissimo, noi architetti lavoriamo per questo. Non esiste un’Architettura non pensata per il benessere delle persone».
Quanto è importante per i giovani approfondire le nuove tecniche di costruzione?
«È fondamentale, è una responsabilità che abbiamo intanto come docenti. L’attuale dibattito sulla necessità di formazione continua dei futuri professionisti è aperto, perché è necessario allargare i quadri di riferimento, rispetto a nuove tecnologie costruttive alternative che soddisfino le richieste in termini di efficienza energetica, riduzione del consumo di materia ed energia, sicurezza sismica e al vento. Secondo il rapporto Climate Change 2022: Impacts, Adaptation and Vulnerability dell’IPCC del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climati-co (IPCC), non abbiamo più tempo, non ci sono più mezze misure per decidere il nostro futuro: abbiamo le tecnologie a disposizione, ma dobbiamo utilizzarle per rispondere ai cambiamenti climatici già in atto. Questi non sono temi collaterali alla formazione dei giovani professionisti, ma trasversali a tutto il loro percorso. La disciplina in cui mi sono formata, che è la Tecnologia dell’Architettura, si occupa di processi produttivi, costruttivi ed è chiamata a rispondere costantemente a questo tipo di richiesta: cerco quindi di rinnovare i programmi seguendo quanto la UE ci chiede in tal senso, nell’epoca della transizione digitale e green e la risposta nella Produzione, che è quella che ci dà modo di individuare i nuovi scenari con cui dovremo confrontarci nei prossimi anni. Fino a dieci anni fa era impensabile ragionare su sistemi costruttivi non convenzionali (utilizzando materiali provenienti da altre filiere produttive, materiali naturali ottenuti da fonti rinnovabili o da riciclo post-consumo), ma oggi le alternative tecnico-costruttive si stanno espandendo molto in termini di variabilità materica e prestazionale soprattutto. In questo senso è molto importante la Missione 4 del Pnrr, dedicata all’istruzione e alla Ricerca, con l’obiettivo di colmare le carenze strutturali, quantitative e qualitative che oggi caratterizzano l’offerta di servizi di istruzione, educazione e formazione nel nostro Paese».
Quanto è diversa la sensibilità degli studenti rispetto a temi quali la sostenibilità ambientale e sociale?
«Sta cambiando tantissimo la consapevolezza delle nuove generazioni per il rispetto dell’ambiente, di quello che hanno intorno. Una quindicina di anni fa parlare di ecologia, di sostenibilità, era qualcosa di poco conosciuto. Adesso non è più così, gli studenti arrivano già con una sensibilità ambientale importante, anche perché i media e la prima formazione si stanno occupando maggiormente di questioni del genere. È un problema con un reale risvolto nel quotidiano, i ragazzi si rendono conto che viviamo nell’era dell’emergenza permanente. La necessità di condividere conoscenza è alla base della formazione degli studenti e della loro sensibilità, perché sono i soggetti a capo del cambiamento. La transizione ecologica e digitale noi la stiamo studiando, proviamo ad affrontarla con i nostri mezzi, le nostre proiezioni future, ma saranno loro i protagonisti».
In temi come questi, il mondo del lavoro e quello dell’università riescono a dialogare bene? In che modo? In cosa invece può migliorare il rapporto?
«Il dialogo è già in atto da diversi anni, ma prima era più un dialogo a senso unico, in cui l’Università e il settore produttivo avevano strade parallele nei loro percorsi di ricerca e sperimentazione, con tempi e modalità differenti. Invece la Missione 4 del Pnrr, che citavo prima, vuole proprio rafforzare i sistemi di ricerca e la loro interazione con il mondo delle imprese e delle istituzioni e favorire lo sviluppo di nuovi sistemi produttivi. È un cambiamento che dobbiamo sfruttare. Il seminario del 28 aprile con Italcementi fa parte di un ciclo di seminari in cui hanno avuto voce soprattutto le aziende e il loro contributo alla transizione ecologica, con l’obiettivo proprio di creare un dialogo di continuità con le stesse, lavorare su progetti comuni di ricerca industriale e applicata».
Qual è la più grande innovazione in corso nel mondo delle costruzioni?
«La tentazione è rispondere: “quella che dovremo ancora inventare”. Devo però dire che la più grande innovazione in corso non è tanto tecnica, quanto culturale, e credo sia il rapporto tra sostenibilità e cultura dell’innovazione: la sostenibilità è la cultura dell’innovazione. L’integrazione di questo rapporto a cui stiamo assistendo, grazie alla transizione ecologica, è il più grande momento di cambiamento».
Di tutti questi temi si parlerà al seminario Produzione e innovazione costruttiva. Soluzioni materiche a bassa impronta ambientale nel settore delle costruzioni, organizzato il 28 aprile 2022 dal Dipartimento Architettura e Territorio dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, di cui sarà speaker e ospite Italcementi, da sempre molto attenta alla sostenibilità dei materiali e alle innovazioni sul tema.