Giornalista professionista, esperta in innovazione e digitale ed economia circolare. Scrive da sempre per Avvenire - dove ha lavorato per anni alla redazione Economia - e per Il Sole24ore. È stata una delle responsabili dell'ufficio centrale del quotidiano online indipendente Lettera43. Oggi, tra le altre attività, collabora con la BBC per la redazione televisiva e le feature stories online e dal 2015 ha iniziato a occuparsi di Brand Journalism e coordinato diversi progetti editoriali cartacei e digitali per aziende in ambito finanziario e IT.
Viaggio tra le infrastrutture
Weekend di primavera, vacanze e ponti mettono in marcia milioni di italiani. Aeroporti e stazioni, ma soprattutto strade e autostrade diventano le arterie attraverso le quali scorre la voglia di tornare alla normalità dopo anni difficili, il desiderio di scoprire nuovi posti e tutte le meraviglie che il nostro Paese nasconde in ogni angolo. L’Italia viaggia sul cemento: ponti, viadotti e cavalcavia, dal Dopoguerra a oggi, collegano e uniscono i chilometri di strade e autostrade che legano l’Italia, da Nord a Sud. Si tratta di una fitta rete lunga 960mila chilometri, tra autostrade, strade regionali, provinciali e comunali. Tutte strategiche per la viabilità, il turismo e l’economia, ma non tutte monitorate, messe in sicurezza e ristrutturate. Così come avviene con ponti e viadotti, alcuni dei quali costruiti negli ultimi 60-70 anni, quando il boom economico e i nuovi materiali hanno permesso di realizzare infrastrutture impossibili in precedenza, ma che ora necessitano di importanti e urgenti opere di conservazione e prevenzione che devono essere portate a termine per garantire sicurezza e viabilità.
Un processo che però scorre più lento del traffico che invade, come l’aria di primavera, strade, ponti, gallerie e viadotti attraversando i quali gli italiani pregustano il riposo, le vacanze, la famiglia. Dopo anni di stallo, oggi finalmente qualcosa si muove. La Conferenza Stato-Città e autonomie locali ha portato avanti un progetto strutturato per dare seguito al decreto del Ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, Enrico Giovannini, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, Daniele Franco. Da questo decreto dovrebbero arrivare sul territorio risorse per oltre 2,7 miliardi di euro, destinate alla messa in sicurezza di ponti e viadotti e alla manutenzione straordinaria delle strade di competenza delle Province e delle Città metropolitane appartenenti alle Regioni a statuto ordinario, ma anche delle due regioni autonome, Sicilia e Sardegna. «La stragrande maggioranza di ponti, strade e viadotti è stata realizzata decine di anni fa e oggi necessita di riqualificazione, manutenzione e ammodernamento – ha spiegato il Ministro Giovannini -. Per questo, all’interno dei quasi 104 miliardi di euro di investimenti di competenza del Ministero stanziati nell’ultimo anno, abbiamo scelto di dedicare una fetta importante di quelli nazionali proprio alla manutenzione delle infrastrutture stradali, dopo l’investimento straordinario effettuato con il Pnrr nello sviluppo delle ferrovie e dei porti».
Oltre alle risorse sul tavolo però, serve anche lo studio e la progettazione e la continua ricerca sui materiali. Il calcestruzzo armato messo in piedi dal Dopoguerra in avanti, e che è il cuore di tutto questo ecosistema infrastrutturale, ha dimostrato di saper reggere e resistere nel tempo, ma oggi ha bisogno di nuova linfa per mantenere quella sicurezza imprescindibile e che, da solo, non è più in grado di assicurare. Ed è in questo processo che l’innovazione sposa la storia, che la tecnologia diventa il “collante” per tenere in piedi la rete infrastrutturale del Paese.
Quando una infrastruttura non è più adeguata alle caratteristiche di traffico e sicurezza sono principalmente due le soluzioni al problema: la costruzione di nuove infrastrutture che sostituiscano quelle precedenti, oppure un loro profondo adeguamento. La demolizione dev’essere sempre l’estrema ratio per via dei costi e di blocchi, interruzioni logistiche ed economiche. Adeguare una infrastruttura esistente permette invece di intervenire in modo più veloce, contenendo i costi e riducendo notevolmente i problemi di viabilità. Si tratta poi di un processo molto più sostenibile, in quanto si evita lo smaltimento dei materiali derivanti da un’eventuale demolizione. L’adeguamento consente, se necessario, di adattare le infrastrutture ai nuovi carichi e alle ultime normative sismiche.
Il tema-chiave è non fermare il Paese. Per questa ragione i principali operatori del settore da anni hanno studiato soluzioni all’avanguardia per intervenire in modalità non invasiva. Tra le soluzioni più innovative rese disponibili in questi anni, e dopo attenti studi sui materiali e sulle reazioni alle diverse situazioni ambientali, climatiche e di utilizzo, un posto di spicco meritano i calcestruzzi strutturali ad alte prestazioni, denominati in linguaggio “tecnico” UHPFRC (Ultra High Performance Fiber-Reinforced Concrete). Si tratta di materiali che, come confermato anche da diversi progetti di ricerca finanziati a livello comunitario, possono essere efficacemente impiegati nel rinforzo di viadotti e ponti esistenti. Il motivo? Se affiancati per esempio ad acciai ad alte prestazioni, possono risolvere il problema della manutenzione e del rinforzo di strutture esistenti migliorando la sicurezza, grazie al ripristino della solidità delle strutture dall’interno.
In particolare una possibile soluzione per il miglioramento della sicurezza, per lo sviluppo dei trasporti sul territorio nazionale e per la riabilitazione delle opere d’arte stradali – viadotti, ponti, cavalcavia – in calcestruzzo armato consiste nell’utilizzo di innovativi micro-calcestruzzi fibrorinforzati ad altissima prestazione, come per esempio i.power RIGENERA di Italcementi. L’applicazione di questo calcestruzzo innovativo è stata validata in collabo-razione con l’Università di Brescia e l’Università Federico II di Napoli.
È una soluzione utilizzabile sia sulle strutture in elevazione, sia sulle pile e i pilastri che sostengono gli impalcati dei ponti, dove consente di creare una barriera impermeabile alle azioni dell’ambiente. Si tratta di un materiale capace di raggiungere resistenze a compressione molto elevate, fino a quattro volte superiori a quella di un normale calcestruzzo. Non si tratta solo di teoria. La prima messa in opera pratica è già partita nel Comune di Valbrenta in provincia di Vicenza, su un ponte situato lungo una strada provinciale. Si tratta del ponte di Oliero, molto frequentato da abitanti del posto e turisti che lo attraversano per raggiungere il fiume Brenta – frequentato da amanti dello sport come kayak e canoa e mountain bike – così come l’area attorno, popolata da ciclisti e appassionati di camminate. Il ponte Oliero necessitava di importanti interventi, ma non poteva essere demolito e ricostruito, non solo per l’importanza logistica e turistica del posto che non avrebbe reso possibile un lavoro così importante e lungo, ma anche perché il ponte, risalente agli anni ’20-‘30, è stato dichiarato bene di interesse dalla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza.
Un’ipotesi che grazie all’utilizzo del micro-calcestruzzo ad alte prestazioni i.power RIGENERA è stata subito archiviata. Il micro-calcestruzzo ha permesso di ottimizzare notevolmente la quantità di materiale impiegato, grazie al ridottissimo rapporto acqua-cemento della miscela, all’utilizzo di selezionati aggregati ad alta resistenza e alla presenza delle fibre strutturali in acciaio. L’intervento promette ora di estendere la “vita” della struttura di oltre 50 anni e ridurre notevolmente i costi di manutenzione.
Un esempio che dimostra come la strada verso i materiali del futuro – innovativi, resistenti e sostenibili – è stata appena tracciata. E si prepara a percorrere tutta l’Italia per conservare e preservare tutto il suo prezioso patrimonio di collegamenti stradali continuando a garantire a milioni di italiani di viaggiare su strada.