Laureata in Architettura all’Università di Firenze, si occupa da 8 anni di organizzazione di viaggi ed eventi culturali per il mondo dell’architettura e del design, collaborando nell’ambito di diverse manifestazioni del settore come la Biennale di Architettura, il Salone del Mobile, Made expo e il Cersaie. È Event Manager per ProViaggiArchitettura e CASABELLA formazione, ha scritto per la rivista CASABELLA e scrive articoli per la rivista online professionearchitetto. La passione per il viaggio la porta a essere anche accompagnatore turistico per viaggi culturali e di avventura in Italia e all’estero.
Pronti a entrare in una Wunderkammer contemporanea? Questo il nome che lo studio di architettura Carlana Mezzalira Pentimalli ha scelto per il progetto della Scuola di Musica di Bressanone. Un richiamo allo stesso tempo implicito ed esplicito agli spazi che raccoglievano ed esponevano nel XVI secolo oggetti rari, stanze all’origine del concetto moderno di museo e che mettevano a disposizione di tutti un patrimonio. Una camera delle meraviglie quindi dove spazio pubblico, struttura e architettura coincidono in un unico edificio; luogo domestico e monumentale al contempo, nuovo brano della città.
La Scuola di musica, terminata all’inizio del 2021, è frutto di un concorso internazionale a due fasi, vinto dallo studio Carlana Mezzalira Pentimalli nel 2014. Il bando prevedeva la realizzazione di una scuola di musica, degli spazi per una banda musicale e un passage. Quest’ultimo elemento è diventato il fulcro del nuovo edificio, che grazie al giardino di passaggio, aperto alla città e permeabile, permette di cogliere subito la sua forte vocazione pubblica, frutto della grande attenzione che lo studio pone nei confronti delle relazioni umane.
Siamo a Bressanone, in Alto Adige, una cittadina dove nuovo e antico convivono in armonia. La partecipazione a un precedente concorso per l’ampliamento della biblioteca civica (vinto anch’esso da Carlana Mezzalira Pentimalli e in fase di completamento) aveva dato l’opportunità allo studio di svolgere una ricerca approfondita sulla città. Da qui è emersa la ricorrenza di un tipo edilizio storico dove un recinto – una corte – si aggancia a un edificio di rappresentanza. Nel passage proposto dal concorso e poi realizzato, l’intento è proprio quello di recuperare questo archetipo, formalizzato in un cortile pubblico di attraversamento, un vuoto all’interno della volumetria compatta del nuovo edificio.
La Scuola che ne è nata è un volume forte, secco, dove ogni fronte si relaziona con l’intorno in maniera differente, dialogante e coerente. Grande attenzione è riservata alla matericità, che richiama in chiave contemporanea le decorazioni tipiche della regione e la gravità delle finiture dei suoi muri. L’edificio è stato realizzato in cemento armato (il 65% del cemento utilizzato è stato fornito da Italcementi) impastato con pigmenti e inerti di porfido, finito con martellinatura a mano, in tutto l’edificio, tranne che nelle cornici delle aperture e nella corte. Su quest’ultima è stata infatti realizzata una decorazione artistica, il disegno è stato tracciato con una dima in negativo e poi martellinata sempre a mano. Il risultato è una grande carta da parati in cemento, “una decorazione fatta togliendo”.
Lo studio ha curato tutte le fasi dell’opera, dalla progettazione alle fasi di cantiere, fino alla scelta degli arredi e della segnaletica. Questo controllo totale ha prodotto un edificio di grande qualità architettonica, dalla forte introspezione visiva tra interno ed esterno, che ne aumenta l’aspetto pubblico.
Abbiamo intervistato l’architetto Michel Carlana per poterci addentrare ancora di più nella conoscenza di quest’opera. Prima di lasciarvi alle sue parole ci sembra doveroso introdurre lui e lo studio. L’ufficio Carlana Mezzalira Pentimalli, fondato nel 2010 con sede a Treviso, è diretto dagli architetti Michel Carlana (1980), Luca Mezzalira (1982) e Curzio Pentimalli (1982). Si confrontano con la professione affiancando il lavoro tramite incarico diretto alla partecipazione a concorsi internazionali. Parallelamente svolgono attività di collaborazione e ricerca all’Università Iuav di Venezia, dove tutti e tre si sono formati e laureati. Vedono l’architettura come qualcosa di necessario, preciso, semplice e organico, considerando il progetto come un’opportunità per reinterpretare un luogo. Tra i molti premi, sono stati eletti nel 2012 miglior studio italiano di architettura dal Premio Young Italian Architects, nel 2014 con il progetto “Sonika” hanno vinto il premio Confindustria “Territorio per Azioni” e nel 2020 hanno vinto il premio DAM Architectural Book Award con il progetto editoriale “Quirino De Giorgio: An Architect’s Legacy”; infine hanno vinto la medaglia d’oro al Best Architects 22 Award proprio con la Scuola di Musica di Bressanone.
Grazie per aver accettato il nostro invito Architetto Carlana. Partiamo dalle cose semplici. Una scuola della musica: voi suonate?
«Siamo tutti e tre molto appassionati di musica, ma il vero musicista è Luca Mezzalira che ha suonato vari strumenti, tra cui il sassofono».
Il vostro studio crede molto nel processo e nel porsi infinite domande elementari. Come potremmo tradurre questo concetto per un pubblico di non addetti ai lavori?
«Con un esempio semplice: immaginiamo di dover costruire una casa su un pianeta differente dal nostro. Certamente non ci interrogheremmo sugli aspetti formali, ma ci si concentrerebbe sul trovare una soluzione per proteggersi dalla temperatura, dalla luce, dagli agenti atmosferici, per creare un luogo dove poter prima di tutto sopravvivere. Per cui le domande che ci faremmo sarebbero domande semplici. È necessario interrogarsi sul grado zero, per tornare all’essenza. Le domande primitive sono le uniche che non possiamo perdere; un concetto trasversale e universale che possiamo trovare dal De Re Aedificatoria di Leon Battista Alberti, alla lezione “Se dovessi insegnare architettura” di Le Corbusier, fino alle parole di Rodari o di Kubrick. Siamo in un momento storico dominato da una bulimia di immagini e di infinite sovrastrutture; noi crediamo che sia importante ripercorrere i concetti primitivi, basilari, anche quelli considerati banali, senza dare nulla per scontato. Cos’è una porta? Cos’è una finestra? Le domande che dimentichiamo di farci, sono quelle che vanno all’essenza delle cose. Con la scuola abbiamo seguito lo stesso processo, chiedendoci “che cos’è un edificio pubblico?”».
Il progetto della Casa della musica aveva come primo obiettivo quello di costruire un luogo. Ci siete riusciti?
«La soddisfazione più grande è stata vedere i bambini che giocavano a nascondino nella corte. Crediamo che la massima verifica per l’architettura sia il tempo; i cittadini vivono già con spirito di appartenenza questo nuovo edificio. La dimensione aperta e profondamente pubblica della corte e la scelta di progettare un volume senza retri ha sicuramente contribuito a questo risultato: un luogo vivo, vissuto, integrato. A questo contribuisce anche il fatto che non si tratta di uno spazio monofunzionale; la mixitè delle pratiche fa sì che sia sempre vivo e lo sarà ancora di più al completamento del parco. Che bello vedere sempre qualcuno seduto sulla panca di citazione albertiana. Non è una questione di stilemi, quanto piuttosto dell’ideazione di luoghi per l’incontro».
La scelta di usare il cemento armato e di far coincidere architettura e struttura da dove nasce?
«Per capire questa scelta, bisogna partire da un enunciato: questo progetto è un suolo, un vuoto, non una massa. L’obiettivo infatti era quello di proporre un nuovo ambito che appartenesse alla città come una porzione di suolo; la pavimentazione di Bressanone è in porfido, materiale che abbiamo inserito addizionandolo al calcestruzzo come inerte. Il cemento è il materiale che ci permetteva di far coincidere struttura e architettura: per un anno in cantiere il grezzo era già il nostro architettonico; abbiamo avuto la possibilità di monitorarlo, controllarlo ed eventualmente intervenire.
Il materiale è importante che copra i temi legati all’architettura e all’urbanistica, ragionando alla scala della città, ma è altrettanto importante che risponda a esigenze tecniche e di sostenibilità. Il cemento infatti è stato scelto anche per essere fedeli alla nostra idea di sostenibilità, una parola tanto abusata, ma che per noi ha un valore reale. In questo territorio realizzare un edificio in calcestruzzo armato è la cosa più sostenibile che si possa fare, perché le materie prime sono di facile reperimento (con la possibilità di usare anche materiale di scarto e di recupero dalla cave della zona) e la bassa manutenzione necessaria. La sostenibilità infatti – cosa che spesso si dimentica – è strettamente legata al concetto di tempo. Noi volevamo che questo edificio durasse il più a lungo possibile.
Sempre in tema di sostenibilità faccio notare che l’edificio è orientato di 45 gradi, per ottenere il miglior orientamento possibile. La Rotonda di Palladio che siamo abituati a vedere rappresentata, nei quattro libri dell’architettura, come una croce, in realtà dovrebbe essere vista come una “x”, in quanto ha questo orientamento per godere del sole da tutti e quattro gli affacci. Faccio questo esempio molto semplice per spiegare che per noi l’architettura chiude in sé la sostenibilità, intesa nel senso più arcaico del termine».
Avete già dei primi riscontri dai fruitori della scuola?
«Il direttore della Scuola di Musica è sempre stato coinvolto nel progetto e abbiamo avuto un confronto costante e diretto con lui e con gli insegnanti per affinare al meglio la progettazione, soprattutto delle aule didattiche. Progettare questi spazi è stato un po’ come dover progettare tanti strumenti musicali diversi: ogni aula presentava esigenze differenti, soprattutto in campo acustico. Mi permetto una punta di orgoglio rivelando che in questi mesi abbiamo ricevuto diverse e-mail dagli utenti della scuola, perché felici. Quale miglior riscontro?».
Qual è il miglior augurio che possiamo fare all’architettura italiana che verrà?
«Tornare a essere generosi, cosa di cui forse ci siamo dimenticati. Crediamo che il progetto di questa scuola provi a esserlo».