Giornalista professionista, consulente in comunicazione e content strategist. Ha un'esperienza decennale in materia di lavoro, innovazione e sostenibilità, temi che affronta con articoli e interviste su testate nazionali e corporate magazine. Laureata in Comunicazione, con Master in Comunicazione Sociale, Politica e Istituzionale e Master in Giornalismo IULM – Mediaset, affianca le aziende nella definizione della strategia di comunicazione, nella creazione di piani editoriali integrati online e offline e nella redazione di bilanci di sostenibilità. Le sue passioni più grandi sono viaggiare e raccontare storie, possibilmente insieme.
Verdi e digitali, ecco i nuovi professionisti dell’edilizia
Firmitas, utilitas, venustas. Nel suo celebre trattato, Vitruvio definiva l’architettura come il risultato di questi tre principi: solidità costruttiva, destinazione d’uso e bellezza. Valori che oggi più che mai tornano a essere centrali, pur richiedendo un nuovo sforzo da parte dei loro creatori: ingegneri e architetti, in primis. Sì, perché neanche il settore delle costruzioni è immune ai cambiamenti del tempo. Anzi, coglie ora l’opportunità di rilanciarsi, accettando la sfida del Nuovo Bauhaus, l’iniziativa europea che punta a unire estetica, accessibilità e sostenibilità. Un programma che esige nuove competenze, nuove professionalità e nuove tecnologie in vista di due grandi tendenze: la sostenibilità e l’automazione. Il solo mercato degli smart building, del resto, vale 3,6 miliardi di euro, così come rilevato dall’indagine della Energy & Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano, e quelle digitali sono riconosciute come le principali competenze per la ripresa, anche in edilizia. Di conseguenza, la formazione è chiamata a una sfida epocale. Il 30% dei profili ricercati nel settore è, infatti, difficile da trovare sul mercato soprattutto a causa di una preparazione inadeguata e non attuale.
«Le figure dell’architetto e dell’ingegnere devono cambiare e rinnovarsi – conferma Marco Imperadori, titolare della cattedra di Progettazione e Innovazione Tecnologica presso la Facoltà di Ingegneria Edile-Architettura del Politecnico di Milano e delegato del rettore per il Far East –. Accanto al rinnovamento delle figure tradizionali, nascono nuove professioni, ormai indispensabili, come il BIM Manager che unendo capacità tecniche e digitali, sia nella progettazione che nella gestione dei dati, coordina tutta la filiera». L’edilizia diventa così un settore ad alto potenziale soprattutto per i giovani. «Viste le skills digitali sempre più richieste, le nuove generazioni sono naturalmente agevolate. Gli stessi dati del nostro Ateneo lo confermano: il 98% dei laureati in Ingegneria e il 93% dei laureati in Architettura è già occupato a un anno dal titolo».
Dunque, una cosa è chiara: è cruciale essere al passo con i tempi e con i nuovi strumenti. Uno di questi è, appunto, il BIM – Building Information Modelling. Molto più di un semplice software. Piuttosto, una vera e propria piattaforma di comunicazione e condivisione che interviene in tre momenti essenziali: nel prodotto, nel progetto e nel processo. In riferimento al prodotto, aiuta a controllare e concepire i materiali. E qui entrano in gioco i big data, vera chiave del nuovo costruire. Nella fase di progetto, invece, il BIM agisce come una rete attraverso la quale tutti gli attori possono scambiare informazioni, arricchendo l’oggetto in lavorazione. Infine, nel processo. Qui, il BIM diventa strumento di gestione di quanto realizzato: un edificio cognitivo dotato di sensori capaci di comunicare internamente ed esternamente.
Siamo quindi di fronte a una vera e propria rivoluzione, fatta di Internet of Things ed edifici intelligenti, di Industria 4.0 e realtà aumentata. Una rivoluzione che introduce il mondo dei bit e dei codici nelle opere, creando un rapporto simbiotico tra prodotto virtuale e reale. Pensiamo agli impianti di connessione ultraveloce che rappresenteranno il nuovo standard in ambito edilizio, favorendo la costruzione di edifici che miglioreranno ambienti e stili di vita delle persone. O, ancora, all’automazione dei servizi con l’adozione sempre più diffusa di stampanti 3D per minimizzare gli sprechi. Secondo vari studi, infatti, circa il 20% – 30% del materiale edile viene scartato con oneri economici per l’azienda e ripercussioni negative in termini ambientali.
«In questo contesto, la vera sfida per chi si occupa di formazione è trovare il giusto bilanciamento: dobbiamo investire nelle competenze digitali, certamente, ma senza dimenticare le basi delle professioni di architetto e ingegnere» – riflette Imperadori. Il tutto, con un percorso formativo che deve diventare sempre più esperienziale e senza confini, pandemia permettendo. Per quanto il New Bauhaus sia un’esperienza tutta Europea, infatti, il rinnovamento dell’edilizia è senza dubbio una sfida globale. Da qui, l’esigenza di cogliere le nuove tendenze e le tecnicalità emergenti investendo sulle connessioni. «Noi, ad esempio, collaboriamo molto attivamente con l’Università di Tokyo attivando scambi frequenti con il Dipartimento ABC – Architecture Building and Construction. E molti altri eccellenti atenei, come Torino e Trento, hanno programmi simili» – spiega il professore. Si scopre così che, come in molti altri settori, anche nell’edilizia nulla sarebbe più deleterio per i professionisti del futuro dell’essere isolati. Come dimostra l’Active House Board Alliance, infatti, il mondo intero si sta interrogando sulla nuova era delle costruzioni e lo sta facendo con una sensibilità diffusa su energia, confort e ambiente per bilanciare le esigenze degli utenti e la vitalità del pianeta. «Tutto il settore si sta dotando di una visione olistica sul risparmio energetico. E questo accade non solo in Europa, ma anche in America, Cina e Australia. Una tendenza che risponde anche a precisi vantaggi economici» – chiarisce Imperadori. I clienti sono infatti particolarmente interessati a prodotti sostenibili, a materiali riciclabili e non nocivi, nonché a edifici con prestazioni più elevate, meno energivori e più green, per i quali sono disposti a pagare un prezzo maggiorato anche dell’11%. Secondo un’indagine di Harvard Business Review pubblicata su New Indian Express, gli edifici green aumentano del 40% la produttività delle persone che lavorano al loro interno. E dopo la pandemia, il loro valore percepito è ulteriormente aumentato. Una ragione in più per scommettere sul New Bauhaus e cogliere le nuove opportunità. «Se il primo Bauhaus si è trovato nel periodo più sfortunato del secolo scorso, a cavallo tra le due Guerre, oggi siamo invece in una condizione particolarmente favorevole perché l’industria è foriera di innovazione. Dunque, con il giusto mix tra visione e competenze è possibile beneficare di ottime occasioni» – assicura Imperadori.
Nascono quindi nuove professioni come l’esperto in edilizia sostenibile, il bio-ingegnere e l’energy manager. Ma anche l’eco-designer, il progettista dell’edilizia green e finanche l’amministratore di condomino “verde”, capace cioè di occuparsi oltre che della gestione amministrativa e contabile degli immobili, anche della sostenibilità, dall’ottimizzazione energetica alla conoscenza di sgravi e incentivi. Si tratta di figure che dovranno interagire sempre di più tra di loro e a cui ha dato un’accelerata importante anche il Superbonus, nell’ambito delle riqualificazioni e ristrutturazioni. Competenze digitali vanno infatti di pari passo con competenze green, la cui domanda si attesta all’82%, riconoscendole come un fattore strategico di competitività. Dopotutto, basta guardare il patrimonio immobiliare italiano: circa l’80% delle abitazioni (quasi 10 milioni di immobili) è stato costruito prima del 1990 e necessita oggi di ammodernamenti. Senza considerare le attività di prevenzione da rischio sismico e idrogeologico e la messa in sicurezza del patrimonio costruito. Si stima, infatti, che le abitazioni ristrutturate possano avere un valore superiore del 29% rispetto a quelle non ristrutturate, con un prezzo superiore anche rispetto alle abitazioni di nuova costruzione. È essenziale, quindi, liberarne il potenziale, guardando a edifici sempre più smart e autosufficienti. Edifici che, anziché consumare energia, possano produrla. Dal 2021, ad esempio, tutte nuove costruzioni dovranno essere ad energia quasi zero, in linea con i grandi obiettivi di sostenibilità delle Nazioni Unite. Obiettivi che anche i nuovi operatori del settore dovranno tenere ben a mente e che richiedono una formazione professionale continua e mirata. «L’aggiornamento delle competenze è l’unica leva per essere all’avanguardia e per restare competitivi su un mercato che richiede prestazioni sempre più elevate» – conclude Imperadori. Del resto, come avrebbe detto lo stesso Vitruvio: «la scienza dell’architetto si adorna di molte discipline e di svariata erudizione: deve essere in grado di giudicare tutte quelle opere che le singole arti costruiscono».
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