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Storia di un’eccellenza italiana: i cementi bianchi
L’Italbianco è il cemento bianco per eccellenza nella gamma dei prodotti Heidelberg Materials (il nuovo brand che ha raccolto l’eredità di Italcementi): un cemento Portland di tipo I caratterizzato da un’elevata resistenza normalizzata e da un’ineguagliabile brillanza e costanza di colore. La sua formulazione è frutto di una ricerca e di una storia che affonda le sue radici nei primi anni del secolo scorso indissolubilmente legata alla storia dell’azienda e alle tante opere architettoniche di grande prestigio realizzate con questo materiale.
Oggi l’Italbianco 52,5 R è un cemento bianco Portland di tipo I ad altissima resistenza normalizzata e a resistenza iniziale elevata che contiene, conformemente alla composizione prescritta dalla norma UNI EN 197-1, tra il 95%÷100% di clinker bianco, mentre la restante parte è costituita da eventuali costituenti secondari. Le sue caratteristiche salienti possono essere riassunte in un eccellente pregio estetico, nella riduzione dei tempi di scasseratura e sformatura, un ottimo impatto ambientale grazie all’ampia gamma di colorazioni ottenibile a base bianca, una costanza cromatica nel facciavista e la durabilità del colore con la colorazione nell’impasto del calcestruzzo. Di particolare rilievo è la sua possibilità di impiego nella realizzazione di strutture ardite grazie alla leggerezza del manufatto. Infatti, la brillanza ineguagliabile del suo colore bianco e le sue proprietà meccaniche, anche grazie alle brevissime stagionature, rendono l’Italbianco 52,5 R il cemento ideale per i progettisti e gli architetti che vogliono utilizzarlo per impieghi strutturali, ma non vogliono rinunciare a una valenza estetica e di biocompatibilità superiore. I suoi impieghi, pertanto, sono apprezzati nella prefabbricazione pesante con o senza ciclo termico, per getti di calcestruzzo che necessitino di scasserature veloci, strutture gettate in opere precompresse o non precompresse in elevazione, getti faccia a vista con rilievi di inerti colorati, premiscelati speciali, malte e calcestruzzi colorati, elementi per arredo urbano, stucchi e sigillature e pavimentazioni di pregio.
La storia
I cementi bianchi che vengono oggi prodotti nella cementeria bresciana di Rezzato-Mazzano di Heidelberg Materials Italia Cementi Spa hanno il loro precedente storico nel cemento bianco naturale fabbricato, nei primi anni del secolo scorso per la prima volta in Italia, dalla ditta “Fratelli Pesenti fu Antonio” nella officina di Alzano presso Bergamo. Ottenuto dalla lavorazione molto accurata di materiale estratto da una cava locale, quel cemento bianco serviva soprattutto come materia prima per la produzione delle mattonelle da pavimento e, per la costanza del colore e le caratteristiche di finezza, presa, stabilità di volume ed elevato valore della resistenza (allora di 200 kg/canea 28 giorni), era ricercatissimo dai fabbricanti di manufatti. Questo prodotto di Alzano conseguiva nel 1904 il premio della “Fondazione Brambilla” del Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, riconoscimento in quegli anni molto ambito. Fusasi nel 1906 la “Fratelli Pesenti fu Antonio” con la Società Italiana dei Cementi e delle Calci Idrauliche, divenuta poi Italcementi e oggi Heidelberg Materials Italia Cementi Spa, il cemento bianco naturale di Alzano continuò a essere prodotto e perfezionato, con il crescente favore dei consumatori e, con le varianti imposte dalla tecnologia, venne immesso sul mercato con il nome di “Chiaro Alzano 550”.
Si avvertì però la necessità di studiare la produzione di un cemento artificiale assolutamente bianco e con le caratteristiche generali dei cementi Portland normali. Il problema, dopo anni di esperienze in laboratorio e prove industriali, fu risolto con la produzione nel 1933 del “Supercemento Italbianco” oltre che dell’agglomerante cementizio “Aquila Bianca”, con garanzie di resistenza alla compressione a 28 giorni rispettivamente di 600 e 400 kg/cmc. Le resistenze dell’Italbianco furono incrementate in vari step e oggi sono appunto 52,5 MPa, il numero che dà anche il nome al prodotto attuale, dopo 28 giorni e almeno 30 MPa dopo due giorni.
Sono state le continue ricerche di laboratorio sulla struttura chimico-fisica dei clinker bianchi industriali quelle che hanno permesso i successivi incrementi delle resistenze di garanzia dell’Italbianco. Così pure è stato possibile raggiungere l’attuale elevato grado di bianco e assicurarne la costanza grazie alle ricerche sull’influenza esercitata dai costituenti minori, così detti coloranti, e sul particolare trattamento termico del clinker.
L’Italbianco è un cemento Portland bianco e viene prodotto con la precauzione di limitare a non più dello 0,15% il contenuto dei composti di ferro e di quelli di altri metalli pesanti che conferirebbe al prodotto una colorazione grigia. Per ottenere tale risultato si comincia con il selezionare le materie prime: si impiegano caolini e calcari bianchi mineralogicamente puri che prima passano alla frantumazione e quindi vengono raffinate in un impianto di macinazione. Dalla macinazione a secco di queste materie prime si ottiene la farina che viene nodulata e alimenta poi il forno. Quando invece la macinazione avviene per via umida, si ottiene la miscela che va al forno senza ulteriori trattamenti. Il forno di cottura è costituito da un lungo tubo, dell’ordine di 100 metri e più, del diametro di qualche metro, entro il quale il materiale viene lambito, in controcorrente, dai gas di combustione. Come combustibile vengono usati nafta o metano, non carbone, per evitare inquinamento da ceneri. Quale fondente, per assicurare il più completo svolgersi delle reazioni di clinkerizzazione, viene impiegata, in sostituzione dei composti contenenti ferro, la fluorite. Il prodotto di cottura, il clinker, esce con una tenue colorazione verde che scompare nel macinato, ossia nel prodotto finito. La voluta regolarità del ciclo di preparazione e di cottura e del successivo ciclo di macinazione e immagazzinamento viene assicurata da dispositivi di regolazione automatica, da apparati di controllo centralizzati e da mezzi di ottimizzazione del processo. La cementeria di Rezzato è stato il primo esempio nel mondo di una automatizzazione integrale nella tecnologia del cemento bianco.
L’Italbianco nei riguardi delle resistenze è quindi classificabile fra i cementi di rapido indurimento e ad alta resistenza, possiede anche gli altri normali requisiti fisici e chimici dei cementi Portland e oltre a questi la particolare caratteristica del suo colore bianco. Questo colore può venire espresso in termini rigorosamente scientifici mediante tre coordinate secondo il metodo ICI “Tristimulus” rappresentato dai parametri: brillanza 86, percentuale di colore nel bianco 2 e lunghezza d’onda fondamentale 565 millimcron. Questi tre numeri stanno a indicare che l’Italbianco ha una brillanza pari all’86% di quella dell’ossido di magnesio (bianco di riferimento); che il candore dell’Italbianco contiene soltanto un 2% di colore e che questa debolissima sfumatura cromatica ha una lunghezza d’onda uguale a 565 millimicron che corrisponde a una gradevole, quasi impercettibile, “nuance” verde. Si tratta quindi di un colore bianco e neutro; infatti l’elevatissimo coefficiente di riflessione nei riguardi di tutte le radiazioni luminose fa sì che l’Italbianco rifletta la luce bianca senza deformarne apprezzabilmente la normale distribuzione spettrale. L’impiego dell’Italbianco è quindi consigliato non solo per la produzione di manufatti di piccole dimensioni, ma soprattutto per la realizzazione di getti di elementi sia prefabbricati che di massa.
Il cemento di Italbianco
Il cemento, nato inizialmente per risolvere esclusivamente problemi di statica, ha col tempo trovato una sua funzione architettonica nella faccia a vista, allorché il miglioramento dei leganti ha permesso la realizzazione di strutture portanti più snelle. Il calcestruzzo realizzato con il cemento portland bianco permette in più di ottenere, accanto all’armonia delle forme, l’armonia dei colori. Nei calcestruzzi di Italbianco si ritrovano le caratteristiche del cemento usato: rapido indurimento, alta resistenza, colore. Si tratta quindi di calcestruzzi pregiati, adatti per costruzioni in cemento armato, dei quali è molto importante conoscere le proprietà.
Lavorabilità
Un calcestruzzo fresco deve possedere tre requisiti: omogeneità di costituzione, fluidità allo scarico della betoniera, plasticità nell’assestamento del getto. Queste tre qualità dipendono soprattutto da tre fattori: tipo e granulometria degli inerti, dosaggio del legante, dosaggio dell’acqua. La correzione dei primi due fattori è possibile ma sempre costosa, una variazione del dosaggio dell’acqua è invece facile e immediata. Purtroppo, si sa che un aumento, voluto o anche casuale, dell’acqua d’impasto peggiora sensibilmente le resistenze finali di un calcestruzzo. Per questo motivo sono stati sviluppati dei metodi di misura della plasticità del calcestruzzo. Attraverso questi è possibile controllare che l’aggiunta di acqua all’impasto sia quella strettamente necessaria al raggiungimento della plasticità occorrente per una buona compattazione del getto senza che la fluidità dell’impasto risulti eccessiva.
L’Italbianco nell’architettura
Come esempio di funzionale accoppiamento di elementi costruttivi in calcestruzzo di cemento bianco e di cemento grigio si può citare la passerella di collegamento fra cava e cementeria di Rezzato. Le travi scatolari precompresse, dove maggior sono le sollecitazioni del calcestruzzo, sono state realizzate con cemento Portland Italbianco; le pile invece con cemento Portland grigio ad alta resistenza. Il cemento Italbianco offre la possibilità di realizzare, nello spessore del getto stesso, elementi figurativi tipo “concrete murals”, con finalità estetiche particolarmente apprezzate dall’architettura moderna.
Innumerevoli le opere architettoniche, monumenti e costruzioni abitative ma anche fontane e insediamenti industriali, realizzate con l’Italbianco. Possiamo citare, tra quelle più datate, la fontana delle Camerlate di Como, opera dell’architetto Cesare Cattaneo e del Pittore Mario Radice, oppure la villa a Besana Brianza opera degli architetti Guido Maffezzoli e Gianfranco Pellegrini, ma anche l’avveniristico Centro Sportivo Italcementi di Bergamo dell’ingegnere Carlo Ravizza. Tra le altre realizzazioni da citare certamente la sala delle udienze pontificie a Città del Vaticano a Roma dove è stato realizzato con l’Italbianco l’edificio della Cancelleria dell’Ambasciata Britannica. A Eihndoven, in Olanda, la Piazza Italia per i manufatti in finto granito alla sede della 3M a Vienna, solo per citarne alcune dei primi anni del suo impiego.
La passerella di Mazzano: un’opera d’avanguardia in cemento armato
Il cemento bianco fu utilizzato in occasione della costruzione della cementeria di Rezzato e Mazzano (BS). In particolare, fu prevista una passerella che doveva scavalcare la strada provinciale collegando i colli pietrosi con la nuova cementeria. I lavori iniziarono nel 1963 e la passerella, ancora oggi, consente ai pezzi di roccia che provengono dalle cave di scorrere sino al cementificio e di trasformarsi, dopo la lavorazione, in cemento.
La passerella è opera di uno dei più interessanti progettisti italiani nel settore dell’edilizia del secondo Novecento, l’ingegner Silvano Zorzi, esperto internazionale di strutture in cemento armato, eleganti nella soluzione estetica. Per questa opera Zorzi impiegò per la prima volta il cemento bianco, un prodotto allora di notevole qualità che fece della struttura una vera e propria opera architettonica.
In questi anni la passerella ha consentito una notevole riduzione del traffico dovuto al trasporto dei materiali e un miglioramento della viabilità in generale. In corrispondenza della cava di Monte Marguzzo, che si sviluppa attualmente tra quota 420 m e 355 m s.l.m., è situato l’impianto di frantumazione del calcare, da cui il materiale viene inviato direttamente alla cementeria attraverso la passerella. Questo sistema evita il passaggio, nell’area di Rezzato e Mazzano, di circa 230 camion al giorno per sei giorni alla settimana riducendo la possibilità di dispersioni di polvere.
Moschea di Roma
Complessità e ricchezza della concezione architettonica sono gli aspetti determinanti nella valutazione di quest’opera densa anche di significati spirituali. Il complesso comprende l’adiacente edificio del Centro Islamico destinato alle attività sociali e culturali. Moltissimi i contenuti innovativi sul piano tecnico-costruttivo, quali ad esempio le speciali casseforme usate per i pilastri alberiformi. Accurate le metodologie di produzione del calcestruzzo. Severissimi i controlli di qualità. Progettista l’arch. Paolo Portoghesi.
Uffici “Le Pigne” – Sesto San Giovanni, Milano
Due edifici dalla forma inconsueta destinati a connotare con forza un’area urbanisticamente disordinata, ad alto impatto acustico e senza alcuna presenza di altri elementi significativi. L’opera, alla quale è stato facile dare il soprannome di “le pigne”, risponde perfettamente allo scopo con i suoi sbarramenti acustici a “bocca di lupo” senza pregiudizio per l’illuminazione interna assicurata da grandi vetrate. Arch. Riccardo Blumer
Hotel Executive – Rende, Cosenza
Vetro e cemento bianco. Una sorta di tempio della luce sulle cui facciate riflessi di cielo e acqua giocano in continuazione. Un’architettura semplice e pulita fatta di rigore e geometria e tuttavia affascinante nella sua luminosa monumentalità. Arch. Antonio Berlingeri
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