Laureata in economia e commercio all’Università Cattolica di Milano, è giornalista professionista dal 2004. Nei primi anni della sua carriera ha lavorato per tv locali e nazionali sviluppando le tecniche video. Successivamente, ha collaborato con differenti testate online e agenzie di comunicazione specializzandosi nel linguaggio SEO. È esperta in temi economici, legali e immobiliari, con particolare focus sui nuovi modelli produttivi sostenibili. Le sue passioni? Il pianoforte e i puzzle.
Mancano esattamente due anni al termine dei lavori legati al PNRR. Nel corso dei primi tre lasciati alle spalle, sono nati diversi Osservatori di monitoraggio del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, uno dei quali è sorto per iniziativa del Sole24Ore e di iFel, l’Istituto per la Finanza e l’Economia Locale istituito dall’ANCI. Da settembre l’Osservatorio, che si chiama “PNRR delle cose”, verificherà periodicamente le realizzazioni. Il fatto che ci siano così tanti Open data legati al PNRR è dovuto da una parte alla complessità operativa del Piano, che aggrega una molteplicità di soggetti attuatori, stazioni appaltanti e progetti e, dall’altra, dal fatto che le opere pubbliche, gli appalti e le gare sono in continua evoluzione per riuscire a rispettare il cronoprogramma. Le fonti ufficiali dei dati sull’avanzamento lavori sono le periodiche relazioni del Governo e le verifiche sull’effettiva attuazione e raggiungimento degli obiettivi da parte della delegazione della Commissione europea. L’ultimo confronto tecnico con i funzionari UE si è tenuto a metà giugno, in una quattro giorni durante la quale la Cabina di regia PNRR ha dovuto dimostrare di aver centrato tutti i 39 obiettivi (tra traguardi e milestones) fissati entro il 30 giugno 2024, per poter garantire all’Italia l’erogazione della sesta tranche da 9,2 miliardi di euro, la cui richiesta è partita il 24 giugno.
Aggiudicate il 57,2% delle gare indette dai soggetti attuatori
Ma andiamo con ordine e vediamo i traguardi raggiunti ad oggi e chi sono i principali soggetti attuatori del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
Il primo rapporto del “PNRR delle cose”, pubblicato a giugno scorso, ha conteggiato 72.836 gare bandite; di queste ne sono state aggiudicate 41.687, ovvero il 57,2%. Sufficienti per raggiungere il traguardo del 2026? Stando ai dati, siamo solo a meno di un terzo delle opere pubbliche da realizzare perché le 72.836 procedure di gara rappresentano appena il 28,9% dei progetti finanziati con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Troppo poco, quindi? Per stabilirlo occorre fare qualche riflessione.
La prima è di natura qualitativa: nei primi due anni del cronoprogramma sono stati molto rilevanti gli obiettivi legati alle riforme, inizialmente 59 e poi diventate 66 con la rimodulazione del PNRR (di cui 5 relative alla nuova Missione REPowerUE). Tra queste, vanno considerate soprattutto le “riforme abilitanti”, ovvero quelle prodromiche e funzionali a garantire l’attuazione del Piano stesso. Significa che oggi, proprio grazie a quelle riforme, ci troviamo nella fase “operativa” del PNRR, che prevede un’accelerazione dell’apertura dei cantieri. Va da sé, quindi, che la maggior parte degli interventi edilizi avverrà in questa seconda fase. La seconda riflessione va fatta in termini monetari: se è vero che all’appello di giugno 2026 manca ancora ben il 71,1% dei progetti, è anche vero che il valore delle gare bandite, aggiornato ad aprile scorso, è pari a 117,41 miliardi. Ciò significa che abbiamo investito circa il 60,40% dei 194,4 miliardi stanziati dal NextGenerationUE. Quindi, abbiamo superato il giro di boa. Terza e ultima riflessione: per quanto precisi e accurati siano i dati forniti dai differenti Open data, i numeri potrebbero essere “conservativi”, nel senso che potrebbero non essere conteggiati i dati ancora in fase di elaborazione. Detto ciò, un’idea, certo, è possibile farsela, partendo proprio dall’analisi dei dati sui soggetti attuatori del PNRR.
Comuni, province ed operatori privati trainano il PNRR
Delle 72.836 gare bandite, ben 48.202 sono state indette dai Comuni. Si tratta del 66,18% del totale, a significare che sono le amministrazioni comunali il principale “motore” del PNRR. Anche la percentuale dei bandi aggiudicati è molto alta: quasi il 70% con 29.166 procedure sulle 41.687 totali. Ai municipi seguono le province, anche se con numeri decisamente inferiori: 8.443 gare bandite, pari all’11,59% del totale e con un tasso di aggiudicazione del 12,50%. Tra gli organismi della Pubblica Amministrazione, a fare da fanalino di coda sono i Ministeri, con 1.148 gare indette, le Unioni di Comuni e Comunità montane (758 procedure) e le aziende o gli enti del Servizio Sanitario Nazionale (appena 36 bandi indetti). La ragione della predominanza dei Comuni è, però, intuitiva: essendo spesso di medie e piccole dimensioni, sono anche maggiormente in grado di gestire più rapidamente i lavori per le opere pubbliche, a differenza dei progetti ministeriali.
L’apporto degli operatori privati e delle imprese (comprese le partecipate), anche loro impegnate attivamente nella realizzazione del PNRR, è tutt’altro che irrisorio. Sono loro, dopo municipi e province a dare una spinta alla realizzazione del Piano. Hanno bandito 6.206 procedure sulle 72.836 totali, pari all’8,52% e ne hanno aggiudicate il 9,33%. Non solo. Il valore complessivo dei progetti in cantiere è il più alto tra i diversi soggetti attuatori, come appunto i municipi, i Ministeri, le Comunità montane, ecc.: ammonta a 43,38 miliardi di euro, quasi il doppio rispetto a quello riferito ai Comuni (22,80 miliardi di euro). Se, infine, si vanno a guardare i dati su gare bandite e aggiudicate per singolo soggetto attuatore, si scopre che il mondo del privato raggiunge risultati di efficienza superiore alla media.
Operatori privati e imprese hanno il miglior rapporto tra gare indette e aggiudicate
Se si analizzano i dati rapportando il numero delle procedure bandite a quelle già aggiudicate, ricaviamo una media del 57,2%, come già detto. Se si vanno, però, a guardare i rapporti dei singoli soggetti attuatori, è possibile misurarne le performance. Volendo fare una classifica, troviamo al primo posto gli operatori privati e le imprese con un tasso di aggiudicazione del 62,68% (in valori assoluti 3.890 gare aggiudicate sulle 6.206 bandite), il che significa che hanno già affidato i lavori di circa sei appalti su dieci. Poco dietro ci sono le province, con una percentuale pari al 61,74% e un numero di gare aggiudicate di 5.213 sulle 8.443 di competenza. Percentuale simile, del 61,11%, è detenuta anche dalle aziende sanitarie, ma in questo caso bisogna tener conto del basso numero sia delle procedure bandite, sia di quelle assegnate, rispettivamente 36 e 22. È molto impattante, invece, la percentuale raggiunta dai Comuni (60,51%), considerando la mole degli appalti (48.202 indetti e 29.166 aggiudicati).
Sotto la media del 57,2% troviamo le Unioni dei Comuni e Comunità montane (47,10%), i Ministeri (33,89%) e soprattutto le scuole, le università e gli istituti di ricerca pubblici. La percentuale del mondo della formazione, la più bassa di tutte, è di appena il 14,73% con un numero di bandi assegnati di 604 sui 4.101 indetti.
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