Attivo da sempre nel settore del “cantiere”, ha al suo attivo oltre 5.000 articoli tecnici pubblicati su testate on e offline. Fondatore nel 2008 del portale gowem.it, leader in Italia nel settore della meccanizzazione del cantiere, è direttore scientifico del think tank Aequinoctium che raggruppa decine di figure di spicco nel comparto dell'edilizia con l'obiettivo di promuovere l'innovazione e l'evoluzione della filiera delle costruzioni. È anche direttore dell'area marketing dell'agenzia Apelab, specializzata nella consulenza editoriale e strategica per le imprese delle costruzioni. Workalcholist senza possibilità di redenzione, trova sollievo nella letteratura di ogni tipo, di cui è accanito e onnivoro consumatore.
L’acqua: un bene prezioso da risparmiare. Gli impegni di Calcestruzzi
Calo delle precipitazioni nevose invernali, incremento dei prelievi per usi agricoli e industriali, aumento della frequenza di eventi siccitosi estremi, anche in zone caratterizzate fino a pochi anni fa da estati con clima tipicamente continentale; una serie di concause che hanno fatto ripensare, a livello europeo e globale, al ruolo dell’acqua nei processi umani.
Da risorsa ritenuta virtualmente infinita, abbiamo cominciato a considerarla un bene prezioso da conservare e tutelare, in ogni sua forma, cominciando soprattutto dall’acqua dolce; quest’ultima, infatti, rappresenta una piccolissima parte dell’acqua totale del pianeta, solamente il 2,5 per cento, mentre la parte restante è acqua salata e oceanica.
Le stime indicano che, entro il 2025, più di 1,8 miliardi di persone vedranno la propria vita influenzata, in modo anche importante, dalla scarsità d’acqua, e che i due terzi dell’Umanità vivrà in zone soggette a stress idrico a causa dell’uso, della crescita e del cambiamento climatico. La sfida che ognuno di noi deve porsi ora è come custodire, gestire e distribuire efficacemente l’acqua che abbiamo. Nessuno può sottrarsi a questo impegno, comprese le realtà industriali che operano in comparti che utilizzano l’acqua per la produzione.
È per questo che in Calcestruzzi Spa è maturata già da qualche anno un’attenzione particolare volta all’implementazione di tecnologie e pratiche per la riduzione del consumo dell’acqua nel processo produttivo del calcestruzzo, un’attenzione che ha già portato a importanti risultati e che consentirà di ottenerne altri nell’immediato futuro.
Primo: misurare
L’acqua è per noi importante, anche se la nostra industria non ne consuma tanta come altri comparti industriali. Il cemento è, infatti, un materiale che si mescola con acqua e altri aggregati per produrre calcestruzzo, uno dei materiali da costruzione più utili mai inventato dall’uomo, che ricopre una posizione importantissima nella crescita economica e sociale, consentendo di realizzare edifici verdi, urbani, per aumentare la resilienza e lo sviluppo di città e comunità sostenibili.
Pur non essendo un’attività a forte richiesta idrica, anche sulla produzione del calcestruzzo è possibile introdurre una filosofia olistica che consideri il risparmio dell’acqua in ogni suo aspetto, non limitandosi solamente a quella impiegata fisicamente nel processo di miscelazione con il cemento e gli aggregati.
Per fare questo Calcestruzzi sta già lavorando con tutti gli stakeholders più sensibili della filiera delle costruzioni, come conferma anche Sergio Tortelli, Sustainable solutions manager di Calcestruzzi.
«Il mercato e i nostri partner mettono ormai al centro di ogni processo costruttivo l’attenzione alla tutela delle materie prime, dall’energia fino alla riduzione dell’impatto ambientale e delle emissioni gassose. L’acqua, in questo scenario, è entrata prepotentemente alla ribalta negli ultimi anni, anche per il cambiamento climatico in atto. Le realtà più evolute ci chiedono di monitorarne l’uso e di ottimizzare i consumi e, come Calcestruzzi, siamo entusiasti di poter dare risposte concrete a queste esigenze».
La salvaguardia delle risorse, infatti, rientra sempre più organicamente nelle principali e autorevoli Certificazioni applicabili alle nuove costruzioni, come il LEED o il BREEAM solo per fare qualche esempio. Ancora Tortelli: «Le Certificazioni ambientali volontarie sono un punto di partenza importante e un vero e proprio market mover: non solo garantiscono che gli edifici abbiano un impatto ambientale contenuto (per alcuni standard potenzialmente anche positivo), ma sono anche garanzia di un ritorno più elevato rispetto a quello di strutture che non seguono gli stessi principi; per la prima volta il rispetto ambientale va di pari passo con la produttività di impresa, un aspetto fondamentale che ci fa ben sperare per il futuro.
Oggi la parola chiave è Tracciabilità: il nostro impegno, proprio per garantire ai nostri stakeholders elementi concreti validi per Certificazioni e Bilanci di sostenibilità, è rivolto alla misurazione sempre più accurata dell’acqua che utilizziamo nel processo di realizzazione del calcestruzzo. Il nostro obiettivo è quello di conoscere in tempo reale quanta acqua utilizziamo in ogni fase del processo e quanta di questa sia riciclata, con l’obiettivo di ridurre l’impiego della risorsa vergine.
Per fare questo occorre introdurre nella filiera produttiva strumenti di controllo, come contalitri, ma anche, soprattutto per le acque di riciclo, densimetri, in grado di fornirci dati certi e incontrovertibili da inserire nelle nostre rendicontazioni interne che il gruppo HeidelbergCement ci sta chiedendo con sempre maggiore convinzione.
Ovviamente c’è ancora molto da fare, ma il processo è in atto e ben avviato e può portare vantaggi indubitabili anche nel breve periodo, una volta superati alcuni scogli normativi (ad esempio nei CAM l’acqua non viene conteggiata tra le materie prime seconde ammissibili, dato che il limite del 5% riguarda solo i componenti secchi)».
Secondo: Raccogliere bene e riusare meglio
L’acqua dolce ha sostanzialmente una fonte principale di rigenerazione: la piovosità sia sotto forma di precipitazioni imbrifere sia come nevicate invernali; entrambe le forme contribuiscono al ripristino delle falde acquifere, anche se l’acqua piovana si disperde più facilmente attraverso la rete fluviale, fino ad arrivare al mare.
La sfida per le aziende che vogliono ridurre la quantità d’acqua vergine da utilizzare passa attraverso la corretta raccolta delle acque piovane e il loro riuso virtuoso, ne abbiamo parlato con Filippo Zapparrata, Coordinatore delle attività tecniche e responsabile degli asset industriali di Calcestruzzi.
«La raccolta delle acque di prima pioggia, unitamente alle acque di ritorno delle autobetoniere, sostiene un ruolo fondamentale nel nostro processo di riciclo delle acque per la produzione del calcestruzzo.
Tutti i nostri impianti hanno naturalmente adeguate vasche di prima pioggia, alcune di queste con capacità molto importanti. Lo scopo di queste vasche è di contenere elementi chimici provenienti dall’impianto ed evitare che si disperdano nell’ambiente. Poi rivestono un ruolo fondamentale nel processo di impiego delle acque di trattamento all’interno del calcestruzzo.
Ovviamente non utilizziamo tali acque senza controllo, anzi, stiamo implementando un sistema di densimetri per avere costantemente il controllo dei solidi sospesi al loro interno, per rispettare le prescrizioni della legge 1008 che stabilisce un limite di 18 kg/ m3 per le acque da usare nel calcestruzzo.
Con questa procedura abbiamo a disposizione una scorta di acqua, che altrimenti andrebbe dispersa, da utilizzare nell’impasto. Per migliorare e rendere più efficiente il processo di raccolta delle acque piovane, stiamo anche pensando di realizzare vasche di seconda pioggia separate, in modo da aumentare la capacità di stoccaggio dei nostri impianti e, quindi, di ridurre ulteriormente il prelievo di acqua vergine da pozzi e acquedotti.
Un’altra opportunità sarebbe quella di differenziare le vasche di raccolta dell’acqua proveniente dall’area di scarico degli impianti (caratterizzata da maggiori percentuali di residui di cemento e calcestruzzo), da quella dei piazzali, in modo da fruire diversamente all’interno del ciclo produttivo.
Poniamo inoltre sempre più attenzione alle acque “di ritorno”, ovvero quelle che vengono utilizzate dalle autobetoniere per il lavaggio del tamburo e delle palette all’interno. Oggi vengono raccolte nelle vasche dell’impianto, dopo aver subito un processo di trattamento. In futuro, anche grazie a impianti ad hoc saranno dotate di filtropresse per ottenere alla fine del processo, acque completamente chiarificate pronte per essere riutilizzate.
Ci sono, infine, impieghi idrici che appaiono minori, ma che, all’interno di un processo di rendicontazione interna che prevede un Bilancio Idrico per ogni nostro impianto, vanno monitorate e rilevate: stiamo, ad esempio, lavorando all’ottimizzazione dell’impiego di acqua per l’abbattimento polveri nei nostri impianti, utilizzando spruzzatori al posto di autobotti. Questo ci ha già consentito un notevole risparmio di acqua vergine, risparmio che contiamo di aumentare ulteriormente con la sperimentazione di sistemi ad aerosol o con l’impiego di acqua di riciclo anche per questa applicazione.
Il Bilancio idrico dei nostri impianti è un passaggio fondamentale che ci consentirà di conoscere a un livello di dettaglio molto preciso il contributo delle fonti di approvvigionamento, i consumi per la produzione del calcestruzzo e per altri usi e lo scarico di acque di seconda pioggia sulla rete di raccolta pubblica. Ogni nodo del sistema sarà monitorato con appositi contalitri e, a fine anno, tutti questi dati saranno inseriti in una piattaforma digitale che ci consentirà di monitorare con precisione l’intero processo, permettendoci di mettere in campo ulteriori azioni di efficientamento.
I Bilanci idrici saranno uno strumento fondamentale per intervenire su quegli impianti che gravitano su territori in cui l’Indice di rischio idrico sia alto (calcolato sulla disponibilità di acqua per abitante): rientrano in questa categoria 70 impianti italiani su 117 e tutti saranno dotati di un piano pluriennale per la riduzione e l’ottimizzazione della risorsa idrica».
Terzo: Qualità nel rispetto ambientale
Una volta determinata con precisione la quantità d’acqua utilizzata nel processo produttivo e la composizione delle fonti da cui questa preziosa risorsa proviene, è possibile mettere a punto un processo di ottimizzazione basato su solide basi, stabilendo anche obiettivi di medio e lungo periodo volti al miglioramento continuo dell’efficienza d’uso dell’acqua nei processi, come conferma anche Deborah Floris, Head of Tech Assistance -Technology and Quality Department di Italcementi.
«Da sempre siamo attenti al riciclo dell’acqua industriale di processo per ridurre il prelievo della risorsa vergine. Negli ultimi anni i nostri sforzi si sono però intensificati, dato che riteniamo che agire in questo senso sia ormai un dovere morale, dal quale nessuna realtà industriale può sottrarsi.
Prima di tutto però occorre fare una precisazione: l’impiego di acque di riciclo non può in alcun modo inficiare la qualità del prodotto né derogare alle normative di controllo di qualità vigenti in materia. In questo senso controlliamo rigorosamente una vasta serie di parametri quali-quantitativi sulle acque di riciclo prima di reintrodurle nel processo produttivo: dal PH alla qualità di cloruri, fino alla percentuale di parti fini sospese.
Massima qualità quindi, senza però perdere di vista l’obiettivo primario, ridurre il prelievo di acqua vergine. I monitoraggi che abbiamo effettuato nei primi sei mesi dell’anno ci forniscono risultati importanti di cui possiamo già essere fieri, anche se il lavoro da fare ritengo sia ancora molto: a livello Italia abbiamo raggiunto una quantità di utilizzo di acqua di recupero dal processo dell’industria del calcestruzzo che ha consentito un risparmio medio del 25% (in alcuni territori particolarmente virtuosi raggiungiamo risultati anche più lusinghieri).
Devo sottolineare come attualmente il principale ostacolo all’impiego di maggiori percentuali di acqua “secondaria” sia da ricercare essenzialmente in Capitolati di vecchia concezione, e in una cultura al suo utilizzo ancora poco diffusa tra i tecnici delle Pubbliche Amministrazioni e delle Imprese che talvolta percepiscono l’acqua di riciclo come un elemento che potrebbe andare a discapito della qualità del calcestruzzo. Un pregiudizio che non ha basi fattuali reali, dato che l’acqua secondaria, prima di essere reinserita nel processo produttivo, viene accuratamente analizzata e non incide sulle prestazioni finali del calcestruzzo.
L’introduzione dei densimetri ci consentirà di fare un ulteriore passo avanti, misurando per ogni lotto la qualità precisa di solidi sospesi, potendo intervenire quindi in tempo reale sulla ricetta del calcestruzzo, riducendo la qualità di sabbia e garantendo quindi un calcestruzzo sempre ottimale per gli impieghi che deve affrontare. Il tutto con una tracciabilità pressoché completa del processo a tutela di tutte le parti coinvolte nel processo costruttivo.
Dal punto di vista normativo, una volta effettuate le analisi (che devono anche essere documentate e disponibili per ogni attore della filiera), l’acqua di riciclo, nel rispetto dell’UNI EN 1008, potrebbe raggiungere il 100% di impiego. Siamo appena all’inizio, ma è questo l’obiettivo che ritengo come società, ma anche come cittadini, ci dobbiamo proporre di raggiungere al più presto».