Consigliere Delegato e Direttore Generale di Calcestruzzi, vanta una lunga esperienza all’interno della società. Dal 2023 riveste anche la carica di Vice Presidente di Atecap, l'Associazione Tecnico Economica del Calcestruzzo Preconfezionato che da trent'anni rappresenta e tutela gli interessi dei produttori italiani di calcestruzzo preconfezionato.
Calcestruzzo: la certificazione CSC, una garanzia di qualità e trasparenza
Il mercato della produzione del Calcestruzzo in Italia negli ultimi 30 anni ha avuto una forte evoluzione sia in termini di prodotto, sia in termini impiantistici per il miglioramento delle caratteristiche del calcestruzzo. Le opere pubbliche e non solo eseguite negli ultimi anni sono la dimostrazione di questa evoluzione: il Ponte San Giorgio di Genova, l’Alta Velocità Milano-Roma-Napoli e Torino-Milano, il Museo MAXXI di Roma, la Stazione Alta Velocità di Afragola, il Terzo Valico Ferroviario Genova Milano, il Museo Fondazione Prada di Milano solo per citare alcuni esempi. Le norme si sono evolute per la prescrizione di calcestruzzi durabili. Questo anche a garanzia dei cittadini.
Oggi, le nuove sfide riguardano la sostenibilità: riduzione delle emissioni di CO2; riduzione dei consumi degli aggregati naturali tramite la sostituzione con gli aggregati riciclati; riduzione del consumo della risorsa idrica tramite il riutilizzo delle acque di lavaggio opportunamente trattate per rimanere all’interno delle caratteristiche previste dalle norme e/o delle specifiche di capitolato. La certificazione CSC (Concrete Sustainability Council) si inserisce in questo contesto, come per altro viene riconosciuto da importanti sistemi internazionali quali BREAM, DGNB, ENVSION, LEED.
Ritengo, quindi, che lo schema di certificazione CSC lanciato a gennaio 2017 – elaborato in ambito internazionale proprio dal Concrete Sustainability Council – non non debba essere visto come un costo, ma come una opportunità per il settore, al pari degli investimenti nella ricerca di nuovi prodotti e nelle costruzioni di nuovi impianti di betonaggio.
Ricordo che lo schema CSC certifica il processo di approvvigionamento responsabile su tutta la filiera di produzione secondo i principi base della Sostenibilità e nel rispetto di cinque categorie di crediti: pre-requisiti, gestione, sostenibilità ambientale, sostenibilità sociale e sostenibilità economica. L’obiettivo è quello di validare l’intera filiera di processo: dal trasporto al riciclo delle materie prime. Il tutto nel segno della massima trasparenza per garantire prodotti performanti e filiere sicure, responsabili e sostenibili.
La certificazione CSC, dicevo, non va vista come un costo, ma come una opportunità per l’innovazione e il miglioramento della filiera del prodotto calcestruzzo, che continua a essere il materiale da costruzione più usato nel mondo. Gli operatori del nostro mercato – ovvero le imprese di costruzione e i player che si occupano di investimenti immobiliari – cominciano a capire la differenza tra produttori impegnati seriamente in questo nuovo approccio al business e produttori ancora aggrappati a modelli produttivi del passato. Sempre più viene ci viene richiesta, infatti, una tracciabilità dei nostri percorsi di sostenibilità.
L’attenzione al servizio e alla qualità dei materiali, alla sicurezza e alla sostenibilità si traduce in filiere e processi certificati come appunto la certificazione CSC o l’EPD di prodotto che si affiancano alle certificazioni di sistema ISO 9001, ISO 14001 e ISO 45001. La certificazione CSC valorizza infatti tutte le buone pratiche aziendali in tema di salvaguardia ambientale, di tutela della salute e sicurezza sul lavoro, di circolarità dei prodotti e dei processi, di rispetto della legalità, di propensione alla trasparenza delle informazioni e dei rapporti con gli stakeholders lungo tutta la catena del valore allargando la certificazione alla supply chain del cemento e degli aggregati naturali e riciclati.
In questo senso Calcestruzzi Spa, parte del gruppo Heidelberg Materials, in stretta sinergia con Italcementi è impegnata nel programma di certificazione dei propri impianti. A fine aprile 2023 sono certificate CSC le cementerie Italcementi di Matera, Rezzato-Mazzano (BS) e Calusco d’Adda (BG) e gli impianti di produzione di Calcestruzzi di Peschiera Borromeo (MI), Cologno Monzese (MI), Bari industriale, Napoli Casalnuovo, Bologna San Lazzaro, Sestu (CA), Taranto, Genova Chiaravagna, Campomorone-Isoverde (GE), Roma Flaminio, Roma Tiburtina e Palermo. Gli impianti di Taranto, Peschiera Borromeo e Cologno Monzese hanno ottenuto il rating Gold (potendo avvalersi dei crediti di filiera delle cementerie di Calusco e Matera) mentre i restanti impianti hanno raggiunto tutti il rating Silver.
Nel corso dell’anno sono previste ulteriori certificazioni sia per il settore cemento (è in fase di conclusione l’iter di certificazione per lo stabilimento di Colleferro, in provincia di Roma), sia per il settore calcestruzzo (sono in fase di certificazione sette impianti nelle aree operative del Centro e Nord Italia e ulteriori impianti sono previsti entro la fine dell’anno anche per l’area operativa Sud).
L’invito che faccio non solo agli operatori associati ATECAP, ma a tutti gli operatori del mercato, è quello di cogliere questa opportunità, anche con il supporto di Federbeton e della stessa nostra Associazione.
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