Ceo e Co-Fondatore di DMAT newco legata al MIT di Boston, impegnata ad accelerare la trasformazione sostenibile del settore edile. Ha oltre 15 anni di esperienza come imprenditore, professionista e consulente nello sviluppo di progetti complessi e piani di innovazione. Appassionato di tecnologie scalabili e pratiche sostenibili, è costantemente alla ricerca di nuovi modelli di business. Ha maturato un'ampia esperienza globale lavorando con più di 50 Paesi e le principali città in tutto il mondo.
Accelerare la sostenibilità delle costruzioni: tecnologie innovative per i calcestruzzi del futuro
Milano ha accolto evoZero, il primo cemento Net-zero carbon captured al mondo. Presentato a fine maggio nella prestigiosa cornice della Triennale di Milano, il nuovo cemento progettato da Heidelberg Materials (il brand che ha racconto l’eredità di Italcementi) è il frutto dell’impegno verso la neutralità carbonica di uno dei maggiori produttori integrati al mondo di materiali e soluzioni per l’edilizia. La tecnologia che sta alla base di evoZero prevede la cattura e lo stoccaggio dell’anidride carbonica emessa in fase di produzione, un processo già usato nell’oil&gas, ma totalmente nuovo per il settore dei materiali da costruzione, settore considerato “hard to abate”. Grazie a un lungo lavoro di progettazione e a un investimento economico significativo, evoZero sarà il primo cemento al mondo a bilancio azzerato di emissioni di CO₂, prodotto nell’impianto norvegese di Brevik, senza compensazioni da crediti generati all’esterno della filiera aziendale. Il completamento del cementificio in Norvegia è previsto per fine 2024 e, a regime, riuscirà a catturare e stoccare 400 mila tonnellate di CO₂ all’anno, mentre il cemento evoZero arriverà sul mercato italiano nel 2025. Grazie a questa tecnologia Heidelberg Materials ridurrà il più possibile l’impatto ambientale, puntando a tagliare del 50% le emissioni di CO₂ in atmosfera entro il 2030, per poi centrare l’obiettivo della neutralità carbonica nel 2050 come previsto dagli impegni dell’Unione Europea. Con evoZero l’industria delle costruzioni raggiunge così una tappa importante del suo percorso di transizione verso un modo nuovo non solo di costruire, ma di produrre i materiali che sono al centro del settore, riducendo il proprio impatto ambientale fin dalle basi. Il tema della sostenibilità delle realtà che producono materiale per l’edilizia è uno degli argomenti centrali per tutto il settore, una sfida che vede protagoniste anche diverse startup, che propongono soluzioni che mirano a ridurre l’impatto dei processi produttivi. Tra queste DMAT, startup impegnata nella ricerca di nuove soluzioni edili sostenibili, fondata dal manager bergamasco Carlo Andrea Guatterini e dal ceo e co-fondatore Paolo Sabatini, che abbiamo incontrato nel corso dell’ultimo “Open Mind talk” organizzato da Confindustria Bergamo. A margine di quell’incontro Sabatini ci ha regalato una sua riflessione sul tema.
Il calcestruzzo sta vivendo a livello tecnologico e produttivo un periodo di grande fermento. Quella che stiamo vivendo oggi è probabilmente la congiuntura più interessante dell’ultimo secolo, da quando nel 1904 è stato definito il British Standard del cemento Portland, ovvero lo standard di composizione del cemento che ancora oggi è riconosciuto e utilizzato. Ancora di più, i prossimi 10 anni saranno molto interessanti per tutto il settore, proprio in virtù della transizione che ci apprestiamo a vivere. Sul tavolo c’è infatti l’obiettivo della neutralità carbonica da raggiungere in Europa entro il 2050, un target ambizioso per un materiale altamente impattante a livello ambientale. Nel calcestruzzo, il cemento rappresenta la componente con il più alto impatto, emettendo la sua produzione una quantità di CO2 quasi pari, in peso, al prodotto finito.
Con DMAT, la startup fondata nel 2022 con Carlo Andrea Guatterini e Admir Masic, professore di Ingegneria Ambientale del MIT-Massachusetts Institute of Technology, siamo convinti che una strada percorribile verso la sostenibilità ambientale di questo materiale sia nell’allungarne la vita utile e, contestualmente, nel ridurre la quantità di cemento Portland necessaria alla produzione del calcestruzzo. I calcestruzzi di nuova generazione che sviluppiamo combinano massime performance di durabilità e sostenibilità attraverso l’uso di prodotti innovativi miscelati presso gli impianti. In questo modo è possibile ottenere un calcestruzzo ad alte prestazioni con una riduzione sino al 30% della sua impronta carbonica e in grado prevenire e auto-riparare eventuali crepe che si dovessero formare nel tempo.
L’industria delle costruzioni produce il 10% del Pil mondiale e startup innovative come DMAT devono sempre dialogare con i grandi produttori come Heidelberg Materials, perché siamo convinti che attraverso l’attivazione di sinergie su larga scala, e mettendo a sistema diverse tecnologie, si potrà arrivare a un cambiamento della filiera globale. Allo stesso modo sono convinto che il calcestruzzo sia già un materiale che ha in sé delle profonde caratteristiche di sostenibilità. Oltre a quella ambientale, infatti, occorre considerare l’aspetto di sostenibilità sociale ed economica che il calcestruzzo già possiede, in quanto materiale estremamente economico, utilizzabile da grandi costruttori come da piccoli artigiani, e dal forte impatto sociale perché utilizzato sia per l’edificazione delle grandi infrastrutture, necessarie a migliorare la vita di milioni di persone, così come per la realizzazione della maggior parte delle abitazioni del mondo. Sono circa 4 milioni i palazzi che vengono costruiti ogni anno nel mondo usando il calcestruzzo.
Va poi osservato che, a livello tecnologico, si tratta di un materiale omogeneo realizzato sostanzialmente nello stesso modo in tutto il mondo. Le specificità locali sono date dalla disponibilità e dalla tipologia dei materiali primari legati alle singole località di produzione, ma è anche vero che il processo produttivo che unisce i calcestruzzi realizzati nei quattro angoli del mondo si basa su concetto comune di resistenza. E sebbene i Paesi Europei e gli Stati Uniti usino test e standard leggermente diversi, va osservato che sempre più le economie emergenti si stanno adeguando a questi stessi standard, riconoscendone il valore, e portando l’intero settore mondiale verso una omogeneità di fatto.
Per ciò che concerne la sostenibilità ambientale dei calcestruzzi i volumi di produzione e utilizzo sono così massicci che è difficile dare una soluzione univoca che possa adattarsi a tutti gli utilizzi. Nel mondo ci sono circa 500 mila impianti di produzione di calcestruzzo, con caratteristiche e dimensioni differenti. Per raggiungere questo obiettivo la tecnologia deve essere flessibile ed accessibile a tutti, e garantire un prezzo finale del materiale anch’esso sostenibile. Questi sono i principi con cui abbiamo messo a punto la nostra tecnologia, e che siamo convinti dovranno guidare lo sviluppo del settore. La mia visione per il futuro è che diverse soluzioni innovative saranno integrate contestualmente nei processi produttivi. Queste tecnologie concorrendo sempre più ad abbattere l’ammontare della CO₂ emessa e a realizzare quella trasformazione capillare e su larga scala di cui questa filiera ha bisogno.
© RIPRODUZIONE RISERVATA