Fabrizio Baleani si laurea in Filosofia all'Università di Macerata e si diploma al Master per l’Informazione Culturale promosso dall'Università di Urbino e dal Centro europeo per l'Editoria. Giornalista, ha scritto per service editoriali, radio, testate. Si occupa di contenuti editoriali e relazioni con i media per la società di comunicazione LOV.
Giorgio Lupoi, Presidente OICE: «L’ingegneria italiana è il motore dello sviluppo del Paese»
Nacque per celebrare l’eccellenza. Per esportare la solida intelligenza di un paradigma raffinato, collaudato nel corso dei secoli e divenuto impresa. Per prima, fece conoscere al mondo non soltanto la progettazione italiana ma, sin dal 1965, grazie alla costante crescita di associati, la versione tricolore di quell’attività di “consulting engineering”, di tradizione anglosassone, fatta di analisi dei mercati, studi di fattibilità, assistenza tecnica, project management e pianificazione territoriale. L’OICE è l’Associazione di categoria, aderente a Confindustria, che rappresenta le organizzazioni italiane di ingegneria, architettura e consulenza tecnico-economica e raggruppa oggi molte tra le più grandi società di ingegneria italiane e la maggior parte delle più qualificate piccole e medie realtà di un comparto ricco di sfide a breve e a lungo termine.
A illustrarle, con acutezza e precisione, è Giorgio Lupoi, Presidente OICE (Associazione delle Organizzazioni di Ingegneria, di Architettura e di consulenza Tecnico Economica), dal 2022. Romano, laureato in ingegneria Civile presso La Sapienza a Roma, Lupoi ha perfezionato la formazione con un Master in Riduzione del Rischio Sismico e un Dottorato di Ricerca in Earthquake Engineering; dal 2010 è Rappresentante Legale e Socio di Studio Speri – Società di ingegneria. Autore di pubblicazioni sul tema, negli ultimi 20 anni ha diretto opere molto importanti ed eseguito valutazioni della sicurezza di centinaia di strutture esistenti.

Qual è ruolo di OICE e in quale maniera può valorizzare e difendere il compito dell’impresa della grande progettazione?
«L’Associazione raggruppa quasi 400 società di ingegneria e architettura che nel 2023 hanno fatturato circa 4 miliardi, occupando 17.000 addetti di cui oltre l’85% tecnici. Siamo l’associazione che rappresenta questo settore in Confindustria dove siamo soci fondatori della federazione Professioni e management. Il nostro ruolo è principalmente sindacale e di rappresentanza degli interessi dei nostri associati ma una parte non indifferente del nostro operare è focalizzata sulla cultura del Progetto, del Project Management e della Qualità, tre temi intorno ai quali abbiamo visto crescere i nostri associati e anche le nuove leve che da quattro anni possono anche contare su OICE Academy, luogo di condivisione di esperienze fra associati. L’obiettivo delle nostre azioni è quindi quello dello sviluppo dell’ingegneria e dell’architettura perché occorre colmare il gap esistente almeno con le più importanti società europee, di ben altre dimensioni rispetto alle nostre e di ben altri fatturati, fermo restando che il confronto con le big cinesi e statunitensi neanche si può porre. Negli ultimi anni abbiamo visto crescere molte organizzazioni di media dimensione, che si sono strutturate per affrontare le sfide del mercato nazionale e internazionale, ma c’è ancora molta strada da fare. Quindi siamo fortemente focalizzati sulla valorizzazione dell’ingegneria e dell’architettura perché si ottenga il riconoscimento e la dignità che merita. L’ingegneria italiana è stata il motore dello sviluppo in diverse occasioni, per il nostro Paese e non solo. È dalle basi tecniche dell’ingegneria che si deve partire per operare consapevolmente le scelte politiche».

Roberto Conte, Ponte di Genova San Giorgio
Quanto conta l’Italia nel sistema dell’Ingegneria europea e mondiale? Il nostro quadro normativo agevola la competitività internazionale del settore?
«La nostra presenza all’estero sta molto migliorando a partire dagli organi di rappresentanza: siamo orgogliosi di essere presenti in EFCA (la federazione europea delle omologhe associazioni europee di cui siamo soci fondatori) e in FIDIC (la Federazione mondiale degli ingeneri e dei consulenti) dove il prossimo anno esprimeremo anche il Presidente, prima volta per l’Italia. Intanto partiamo da alcuni dati nella classifica ENR delle prime 225 società di ingegneria e architettura del mondo, per numero di società compaiono 11 società associate a OICE e grazie a essa l’Italia è al quarto posto nel mondo dopo USA, Cina e Corea. Le italiane realizzano la maggior parte del loro fatturato estero in Medio Oriente (terza tra le europee), seguita da Europa, Africa e Asia. La costante crescita nel continente africano colloca l’Italia seconda tra gli europei per presenza in Africa, dopo i francesi e prima degli inglesi. Diciamo sempre che si è forti all’estero se lo si è in Italia e da questo punto di vista certamente il quadro normativo potrebbe aiutare la crescita e lo sviluppo delle nostre società. Purtroppo però di recente alcune scelte che sono state fatte non sono state a nostro avviso lungimiranti a partire dalla decisione di riportare la Pubblica Amministrazione a essere incentivata per progettare, con una scelta profondamente sbagliata, antistorica e inefficiente. Da tempo propugniamo l’idea che la PA debba programmare e gestire gli interventi lasciando a professionisti e società il compito di progettare e fare la direzione lavori. Ma si è andati nel senso opposto e questo non aiuterà il percorso di crescita delle società, soprattutto alla luce dell’esaurirsi della spinta propulsiva della domanda pubblica generate dal PNRR. Non ci convince neanche la scelta di ridurre l’evidenza pubblica e relegare le procedure di gara a una marginalità imbarazzante, se si pensa che in tre anni le gare sopra soglia UE sono passate da 2.000 a 800. Grazie anche alla norma del codice dei contratti che autorizza affidamenti fiduciari fino a 140.000 euro».

Il settore delle costruzioni è spesso considerato come uno dei più arretrati dell’intero mondo industriale, e questo riguarda tanto l’organizzazione dei cantieri e delle modalità costruttive, quanto l’innovazione dei materiali e delle caratteristiche prestazionali dei manufatti. La crescente innovazione sta modificando il quadro generale, si pensi, ad esempio al BIM. Quali sono i vantaggi di questo metodo e quali mercati richiedono, come competenza specifica, il suo utilizzo?
«Si tratta di temi centrali: di BIM ne iniziammo a parlare come OICE nel 2016 quando organizzammo a Milano un importante convegno internazionale per approfondire le best practice anglosassoni e statunitensi. Insistemmo sul fatto che il BIM è uno strumento ma la sua valenza ed efficacia dipende dalla capacità di indurre le società a rivedere i propri processi così da renderli efficienti sotto il profilo della qualità del progetto e della sua affidabilità. In questo ovviamente una mano fondamentale la danno i software, molto migliorati rispetto a qualche anno fa, ma anche le norme, a partire dal c.d. decreto Baratono, oggi trasfuso, arricchito e migliorato negli allegati al codice dei contratti pubblici. Le nostre organizzazioni lavorano tutte in BIM; chi opera a livello internazionale lo fa di default così come chi lavora con clienti privati per gli indubbi vantaggi che progettare in BIM offre anche e soprattutto nella fase di gestione e di manutenzione dell’opera. Il problema è però la Pubblica Amministrazione che, tranne in alcuni e virtuosi casi, è ancora del tutto impreparata al punto che anche nel decreto correttivo è stato deciso di portare da uno a due milioni di lavori la soglia di obbligatorietà. Da questo punto di vista occorrerà investire con efficacia le risorse a disposizioni per dotare le strutture di interfaccia che possano dialogare con noi progettisti e, naturalmente, fare tanta formazione. Tutto questo senza dimenticare il ruolo di sussidiarietà che le nostre società possono e dovrebbero svolgere a supporto delle stazioni appaltanti anche in questo campo».

L’edilizia sostenibile è in rapida crescita: materiali naturali, energie rinnovabili, isolamento termoacustico, soluzioni per ridurre l’emissione di CO2, prodotti “sostenibili”. Cosa manca al sistema Italia per puntare con decisione su smart building e sul green?
«Dopo i chiari indirizzi che sono arrivati dalla normativa europea anche la nostra normativa è permeata da una forte attenzione alla sostenibilità. L’applicazione dei CAM, dei criteri ESG, la richiesta di certificazioni ambientali di tutti i tipi, i protocolli di varia genesi e provenienza, sono tutti elementi che anche un po’ caoticamente hanno messo al centro queste tematiche. Occorre andare avanti su questo percorso con determinazione ma anche facendo chiarezza e semplificando. Come sempre, per raggiungere risultati evidenti, bisogna da un lato insistere facendo “cultura della sostenibilità” e dall’altro investire in risorse economiche e professionali, oltre che in formazione».
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