Architetto, fondatore di NeXt-City Lab, all’attività professionale con lo studio PBeB Architetti di Bergamo affianca quella didattica al Politecnico di Milano dove è stato docente nel Corso di Laurea in Architettura Ambientale e di Architettura, Urbanistica e Ingegneria delle Costruzioni, occupandosi delle tematiche relative alla progettazione del paesaggio e del rapporto tra costruito e ambiente naturale. È stato professore invitato all’Università Tecnica di Riga, alla Scuola di Design e Architettura ELISAVA di Barcellona, all’Accademia di Architettura di Mendrisio, alla Bilgi University di Istanbul, alla Scuola di Architettura di Toledo, alla Scuola di Architettura di Salonicco e alla Scuola Nazionale di Architettura e di Urbanistica di Tunisi.
Il cemento come materia sacra. Tre progetti a Cavernago, Carpi e Sotto il Monte
La miglior forma di sostenibilità è la durabilità. Ciò vuol dire progettare edifici pensati per durare nel tempo, edifici in grado di mantenere la loro struttura primaria pur nella logica della trasformazione funzionale che l’evoluzione della società richiede. La storia ci ha tramandato edifici che rappresentano ancora oggi i gusci all’interno del quale numerose vite e funzioni, come gasteropodi, hanno trovato nel tempo il loro spazio vitale, trasformandoli, adattandoli e addomesticandoli.
Credo che una maggiore attenzione allo sfruttamento delle risorse del nostro pianeta dovrebbe recuperare questo approccio. In tal senso il cemento, massiccio e durevole, totalmente inerte, sostenibile ed ecologico anche come residuo della sua eventuale demolizione, può continuare a giocare un ruolo da protagonista. È il motivo per cui la maggior parte dei lavori progettati dal mio studio utilizzano questo materiale, seguendo una tradizione moderna, internazionale, ma anche molto italiana, che ha prodotto dall’inizio del ‘900 un’enorme quantità di edifici emblematici che ancora oggi si presentano in perfetto stato di conservazione.
Un luogo sacro deve essere, a maggior ragione, un luogo di permanenza, un punto di riferimento solido e vero, un luogo che, invecchiando, è capace di migliorare le proprie qualità ospitando quella patina, fatta anche di microorganismi e di microvegetazione, che sublima l’edificio permettendogli di raccontare la propria storia. La ricerca che viene condotta all’interno dello studio è quindi sulla materia, sull’ossatura, sullo scheletro, sulla solidità, in contrasto a un contesto che ci immerge nell’effimero, nel temporaneo, nell’usa e getta.
Nei progetti per il nuovo centro pastorale di Cavernago e per la nuova chiesa di Cibeno di Carpi, così come nel progetto del Giardino della Pace a Sotto il Monte Giovanni XXIII, la scelta del materiale è stata fondamentale perché nel materiale risiede anche una parte dell’approccio concettuale dei progetti. I due interventi sono realizzati in cemento armato a vista opportunamente cromatizzato e con inerti selezionati. Il colore di riferimento è diventato quello della terra arata asciugata dai raggi del sole. Getti in calcestruzzo tonalizzato e texturizzato producono un materiale caldo in grado di reagire con la luce naturale.
Il complesso di Cavernago
A Cavernago abbiamo realizzato un complesso che ospita la nuova chiesa, la canonica e il centro pastorale. Pareti, pavimento, soffitto altare, fonte battesimale, ambone, sede rappresentano la pluralità delle declinazioni formali con le quali è stata plasmata la pietra liquida del calcestruzzo armato.
La struttura poligonale degli spazi interni ed esterni è realizzata in doppia parete con l’utilizzo di casserature industriali (Doka) adattate in modo sartoriale alle geometrie del progetto. Il tema del recinto diventa un riferimento imprescindibile, come nel caso dei complessi storici di Malpaga e Cavernago, o nei più umili ma diffusi esempi di cascine rurali. Il muro costituisce l’elemento di protezione, delimitazione e unificazione dell’intero complesso. Il muro perimetrale esterno si allunga, si alza, piega, gira, si ribassa, solo in alcuni, pochi punti calibrati, si apre. All’interno della corte lo spazio è invece più aperto, più diafano, più organico e le singole funzioni si presentano ognuna con una propria autonomia compositiva. La superficie è lavorata con processi di martellinatura, sabbiatura, cassero liscio e scurettature che disegnano le riprese dei getti e rispondono alla luce naturale evidenziando una pluralità di tessiture che impreziosiscono la superficie.
L’obiettivo è stato quello di risolvere con un unico materiale le tre funzioni principali: struttura, isolamento, finitura. Il “carattere” delle murature sia esterne che interne è quello di compattezza e uniformità. Il riferimento principale è quello della tradizione romanica e gotica, che vedeva le chiese come manufatti edilizi nei quali c’era assoluta continuità tra interno ed esterno di materiale unico, monolitico; edifici massivi, semplici ma forti proprio perché essenziali.
All’esterno l’intero complesso si sviluppa con andamento orizzontale e trova nell’innalzamento della facciata sud una risposta alla necessità della chiesa di denunciare la propria presenza innalzandosi verso l’alto come segno nel territorio. Il risultato è la realizzazione di una grande vetrata sospesa, un moderno rosone, aperto verso l’alto e verso ovest, permettendo un abbondante ingresso di luce che nelle ore del tramonto entra diretta scaldando con nuovi cromatismi lo spazio interno.
All’interno della chiesa l’altare è il luogo attorno al quale nasce il nuovo edificio. Non si tratta di un semplice “arredo sacro” appoggiato su un pavimento: l’altare è radicato nel terreno sul quale è sorta la nuova chiesa. Parliamo di un blocco verticale che affonda le sue radici nel terreno e la parte emergente visibile è solo una porzione di questo monolite in cemento liscio caratterizzato da alcuni inserti in foglia oro. Attorno all’altare è cresciuto il nuovo edificio, il luogo della posa della prima pietra e il punto che è servito da riferimento per il tracciamento durante la costruzione.
L’ambone si eleva dal pavimento con una struttura a sbalzo: il luogo della parola è concettualmente e fisicamente relazionato con il cielo. Altare, ambone e fonte battesimale sono illuminati da importanti lucernari che estrudono lo spazio verso l’alto e che veicolano la luce riflessa dalle loro superficie sottoposte a un lavoro di demolizione superficiale che accentua il carattere monolitico della materia.
Nella parte retrostante la quinta presbiteriale, anch’essa in cemento armato a vista e nella quale è incastonato il tabernacolo, si apre un giardino intercluso che conferisce maggiore profondità e ricchezza visiva a tutto lo spazio. I volumi sono trattati come elementi scultorei. L’edificio è concepito come un velo caratterizzato da pieghe che si avvolgono su loro stesse; la luce entra nei vuoti lasciati dalle pieghe, le valorizza, le sottolinea, non è invasiva, rafforza il valore dell’ombra per favorire il raccoglimento e la preghiera. Anche l’illuminazione artificiale, concentrata sul perimetro e radente le pareti, permette di sottolineare la forza espressiva del cemento armato a vista. Quella più diretta, a soffitto, è realizzata attraverso fori con vario diametro, che restituiscono una sorta di costellazione che rende particolarmente suggestivo l’intero spazio.
La chiesa di Cibeno di Carpi
Nella nuova chiesa di Cibeno di Carpi, risultato anche questo di un concorso a inviti, l’edificio si inserisce in un quartiere residenziale a cerniera con una lottizzazione di capannoni industriali di media dimensione.
Si trattava di pensare a un edificio semplice, sobrio, che non ostentasse monumentalità e restituisse un carattere improntato a una composizione minimale, cercando un dialogo con l’adiacente paesaggio industriale. La nuova chiesa si colloca all’interno del recinto di un antico cimitero sconsacrato e bonificato negli anni Sessanta. Il progetto ha rappresentato l’opportunità di costruire uno spazio che fonda le sue radici sulla storia del luogo e delle persone che l’hanno abitato. L’antico muro del cimitero, semplicemente risanato avendo cura di non cancellare le tracce del tempo e la presenza di alcune vecchie lapidi che raccontano la storia di questo luogo, accompagna i fedeli in un percorso di raccoglimento e introspezione che si attua in relazione con lo spazio esterno. La facciata della nuova chiesa è impreziosita da alcuni inserti longitudinali dorati che rappresentano, citando le fiammelle di alcuni affreschi rinascimentali, le anime dei defunti che ascendono al cielo.
Il volume principale trova un’espressione di maggiore verticalità nell’importante tiburio a parallelepipedo che sovrasta il presbiterio, con un lucernario che fotografa il cielo e veicola all’interno un’abbondante luce naturale. All’esterno, il tiburio è caratterizzato da un rivestimento metallico di facciata che riporta una reinterpretazione del dipinto del Masaccio dedicato alla SS. Trinità alla quale la chiesa è dedicata. Un significativo aggetto del volume della copertura crea un importante portico protetto che si estende lateralmente in corrispondenza dell’antico ingresso principale al cimitero. Il nuovo sagrato è pavimentato con cubetti di granito giallo dal colore caldo, che riprendono i cromatismi del muro perimetrale e creano uno spazio caldo e accogliente.
All’interno alcune pareti in cemento armato sono state martellinate a punta grossa e trasformate in veri e propri monoliti di pietra sui quali si infrange la luce che ne evidenzia la tessitura. In alcuni tratti sono presenti ampi inserti lignei, realizzati con semplici tavole in abete impreziosite con un trattamento di doratura. Il pavimento è in cemento industriale lisciato trattato al litio e ottenuto con una miscela di ossidi e inerti selezionati che conferiscono un colore cuoio caldo, vivo e accogliente.
Altare, Ambone e supporto del tabernacolo sono realizzati in cemento decorativo, prefabbricati in un laboratorio artigianale. Riportano intarsi a gesso scagliola di colore avorio, recuperando in chiave contemporanea la tradizione locale nella realizzazione dei paliotti di altare. Questo trattamento è il risultato di un’appassionata collaborazione tra l’architetto, l’artista Manfred Alois Mayr e gli artigiani intervenuti nella realizzazione.
Il presbiterio è caratterizzato da un fondale in calcestruzzo martellinato a punta grossa che intercetta la luce zenitale proveniente dal grande lucernario. Su questo fondale è collocata la croce gloriosa trattata con una galvanizzazione in oro zecchino che, riflettendo la luce naturale, produce un’aura dorata sulla parete retrostante. Ogni dettaglio della materia è pensato per accentuare il senso di sacralità del luogo.
Il Giardino della Pace di Sotto il Monte Giovanni XXIII
I due progetti di Cavernago e di Carpi sviluppano a una scala più ampia alcune soluzioni sull’uso del calcestruzzo a vista gettato in opera già sperimentate nel Giardino della Pace di Sotto il Monte Giovanni XXIII. In questo progetto, tessiture, dettagli ed elementi decorativi, accompagnati da uno specifico significato simbolico, rappresentano in modo forse ancora più esplicito l’interesse dell’architetto nella sperimentazione sulle potenzialità espressive del calcestruzzo a vista.
Su questa materia, il tempo realizzerà un lavoro di completamento in diretta continuità con quello delle maestranze che con passione e competenza si sono impiegate nella realizzazione.
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