Laureato presso la Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano, dove insegna progettazione architettonica dal 2008 al 2011. Dal 1999 è autore di progetti di architettura, fotografia e comunicazione visiva per aziende e istituzioni pubbliche e private, ricevendo premi a concorsi nazionali e internazionali. Nel 2002 fonda new landscapes (<a href="http://www.newlandscapes.org/">www.newlandscapes.org</a>), studio di progettazione all’interno del quale sono state condotti progetti e ricerche sul rapporto tra l’uomo e l’ambiente, sulla percezione e la valorizzazione dell’immagine e dell’identità del paesaggio contemporaneo e sulla promozione di nuove forme di conoscenza e partecipazione. Dal 2016 è direttore della rivista di architettura e paesaggio Ark. È autore di oltre 50 pubblicazioni, tra libri, saggi e articoli specialistici sull’architettura, il paesaggio e la fotografia.
Premio Federico Maggia: heritage e ruolo sociale dell’architettura
Il destino del proprio ambiente e dei propri passi
Davide Pagliarini
Con l’ottava edizione del Premio Biennale di Architettura under 30 Federico Maggia – dal nome omonimo dell’ingegnere e architetto biellese (1901-2003), professionista colto e trasversale che ha donato a Fondazione Sella il proprio archivio conservato da tre generazioni di progettisti -, nel 2022 si avvia un nuovo percorso di indagine e di azione, promosso da Fondazione Sella con gli Ordini degli Architetti e degli Ingegneri di Biella ed esteso a una dimensione nazionale. Fortemente connotato da un approccio operativo, rivolto alla costruzione di piccoli manufatti architettonici collocati nel tessuto della città piemontese, il premio, rivolto a giovani progettisti under 30, prevede l’ideazione, la costruzione e la messa a dimora di piccole architetture intese come catalizzatori di processi di riappropriazione culturale dei luoghi – che si vorrebbero non velleitari né estetici -, attivatori di una rinnovata partecipazione collettiva, di una valorizzazione dell’heritage e della sua funzione comunitaria.
Temi quali la valorizzazione dei luoghi, il marketing territoriale, la promozione di una regione o un distretto e dei suoi caratteri specifici, delle sue invarianti geografiche e antropologiche, hanno assunto nella contemporaneità significati sempre più rilevanti e pesi crescenti nel dibattito politico locale e nazionale, a fronte, da un lato, della contrazione del lavoro fisico e manuale tradizionalmente inteso a seguito del prevalere dell’automazione e della digitalizzazione e, dall’altro, della inedita disponibilità di tempo e di occasioni per dar corso a economie nuove, legate alla cultura, alle arti, alla conoscenza dei luoghi, al piacere.
In questo ordine delle cose, dove si colloca il patrimonio di conoscenza industriale e produttiva di un territorio operoso come il biellese? In quale misura esso è ancora rinvenibile nei saperi tradizionali che ne hanno costituito l’ossatura? E quanto appartiene invece alle soft skills digitali della meccatronica, dell’automazione, della subfornitura di componentistiche complesse e ad elavata innovazione, flessibili, riprogrammabili istantaneamente?
È il concetto di luogo, di locale, di regione ad essere messo in discussione. L’architettura, per nascita una realtà solida e radicata, espressione tangibile di un ambiente fisico irripetibile, rappresenta il contraltare al divenire degli scenari qui così sommariamente descritti. La sua natura concreta, il suo essere struttura (visibile) e infrastruttura (intangibile), il suo complesso venire al mondo, impossibile a darsi senza il sostegno di capitali e risorse pubbliche e private significative, fa di essa non solo un linguaggio, un media, una narrazione, ma un presidio fisico capace di fare memoria, di orientare il tempo e di fornire l’ossatura di una comunità.
Su questo delicato confine, tra precarietà e durata, tra heritage e transitorietà dei valori sociali, si vorrebbe che si collocasse l’insieme di progetti e azioni promosse dall’ottava edizione del Premio Federico Maggia.
Nel 2022 ad essere posti al centro della ricerca sono i temi dell’educazione diffusa, della conoscenza, dell’apprendimento attraverso il territorio. Non è difficile non pensare alla Città del Sole del filosofo napoletano Tommaso Campanella, alle sue facciate concentriche sulle cui lastre di pietra si dispiegavano le immagini didattiche delle scienze, della filosofia, delle arti. Quelle infografiche pubbliche, tre secoli prima dell’era digitale, erano liberamente consultabili e interrogabili dai cittadini, senza obblighi e prescrizioni, a ricordarci che la scuola trova il proprio etimo nel greco scholé, “tempo libero”.
Così, immaginare le piccole architetture diffuse che i giovani partecipanti al Premio Maggia saranno invitati a costruire, porta a riflettere sul carattere pubblico, aperto, educativo dell’architettura, libro di pietra disponibile alla conoscenza dell’io e dell’altro, soggettività diverse che sul comune terreno della città trovano il luogo per confrontarsi e discutere il destino del proprio ambiente e dei propri passi.
Storia e finalità del Premio Federico Maggia
Angelica Sella
Il Premio è nato nel 1998 per volontà di Federico Maggia allo scopo di accompagnare le nuove generazioni di progettisti nella costruzione della loro professione e al contempo dare continuità all’impegno professionale a favore del territorio che aveva caratterizzato la sua vita e quella dei suoi avi, architetti ingegneri per diverse generazioni. Maggia ne progettò quattro edizioni, fino alla sua scomparsa, avvenuta nel 2003 a 102 anni.
Sulla base di una forte comunanza di valori e intenti, Maggia volle affidare alla Fondazione Sella il compito di continuare a gestire questa sua creazione, affiancandole gli ordini degli architetti e degli ingegneri della provincia di Biella. Da allora quell’impegno dedicato al territorio e al suo sviluppo è divenuto sempre più centrale nella mission della Fondazione, il patrimonio storico culturale e identitario a servizio del presente e della sua ricerca di senso e sostenibilità. Una mission che si declina in un insieme articolato di attività, dalla conservazione fisica degli archivi storici alla continua individuazione di nuovi modi per aprirli alla collettività e darle il proprio contribuito.
Il Premio Maggia offre un’importante occasione per focalizzare l’interesse sul cambiamento del paesaggio urbanistico – le sue ragioni e le sue prospettive – mettendo in campo giovani menti, forti della loro naturale freschezza di sguardo. Nel 2013 da concorso regionale il premio si è aperto all’ambito nazionale e non solo, con la messa in gioco di prestigiose partnership istituzionali e tecniche, continuando poi a evolversi in termini di contenuti, sempre più attenti alle esigenze reali del contesto, al fine di apportarvi concreta utilità.
Questa nuova edizione, Imparare dal territorio. Giovani progettisti fabbricano spazi di conoscenza, introduce con forza il tema della formazione diffusa, della possibilità e necessità di attingere alla consapevolezza storico-culturale per aprirsi a nuove visioni, in una virtuosa circolarità tra passato e futuro.
Utilità di un Premio
Intervista a Francesca Chiorino (presidente del comitato di gestione del Premio) e Federico Tranfa (curatore dell’edizione 2022) a cura di Giovanni Comoglio, redattore rivista Ark.
Giovanni Comoglio Cosa contraddistingue il nuovo corso del Premio Maggia?
Francesca Chiorino Innanzitutto si tratta di una visione di processo su lungo periodo, una “trilogia” verso tematiche di complessità crescente – l’educazione per il 2022, la socialità e l’aggregazione per il 2024, l’accoglienza per il 2026 – con un’attenzione al cambiamento post industriale della città, ad un futuro di apertura verso altre industrie più leggere, quella culturale, turistica, la galassia dell’arte.
Si passa inoltre dal concetto di installazione a quello di costruzione: i progettisti saranno chiamati a lavorare sull’utilità del manufatto realizzato, sulle funzioni che questo potrà assolvere per la comunità.
Quest’anno c’è anche stato un grande sforzo per avere una composizione di giuria coerente con il tema dell’educazione. Avere poi come partner Fondazione Agnelli, che ha realizzato un processo simile con il completamento di due scuole, è per noi importante.
Non abbiamo intenzionalmente inserito troppe specifiche su come il tema sia o vada interpretato, lo abbiamo lasciato ampio anche perché la fase di inizio carriera delle figure under 30 è anche quella in cui probabilmente, rispetto a un tema simile, un’idea ancora si sta costruendo.
Giovanni Comoglio Una transizione verso il materico e una più forte presenza del manufatto di concorso, quindi. Quali caratteri, anche costruttivi, dovrà avere ?
Federico Tranfa Un suo ruolo è quello di riportare la progettualità al centro del premio: se l’architettura ha un suo scopo nella società, questo principio deve poter trovare un’applicazione concreta. Il vincolo col territorio biellese è molto stretto, quindi ne sono stati individuati i bisogni, e gli interlocutori che faranno da committenti. Sarà un oggetto architettonico di limitate dimensioni con una vita ipoteticamente transitoria che farà però da plug-in attivatore per il contesto urbano. In questa fase si pensa all’impiego di materiali leggeri, ma non vogliamo mettere limiti preventivi ad alcuna evoluzione sul lungo periodo, col consolidarsi dell’utilità dei progetti sul territorio e di una loro maggiore possibilità di permanenza.
Giovanni Comoglio Che aspettative avete sul tipo di risposta e di profili candidati?
Francesca Chiorino L’occasione di costruzione è un fatto per nulla scontato, per chi è appena laureato. Comporta l’assunzione di un grande impegno, certamente. Il venire a Biella, fare comunità durante il periodo di concorso consente poi di trovarsi in una situazione positiva, dove si crea la scintilla di attivazione progettuale.
Certo, abbiamo alzato molto l’asticella della richiesta rispetto al passato, con l’aggiunta della costruzione autofinanziata, e potrebbe dimostrarsi uno scoglio.
Il main sponsor nondimeno garantisce una lezione sulle strategie crowdfunding, e la messa a disposizione di una piattaforma per questo tipo di pratiche di partecipazione.
Federico Tranfa Aspetto essere sorpreso dalle potenzialità che questo paese ha e che spesso non trovano canalizzazione. Liberare spazio per i giovani, con criteri però seri, per far capire da subito che l’architettura è un mestiere complesso: le idee vanno tradotte in concreto e questo processo implica diverse relazionalità. È un processo didattico, “in scala”.
Giovanni Comoglio Che possibilità vedete nel contesto odierno per le persone e le realtà progettuali under 30?
Federico Tranfa Questo paese non prende sul serio i giovani, perde troppo tempo prima di dare loro delle responsabilità. Io devo ringraziare chi lungo la mia carriera si è fidato e mi ha permesso di fare, e soprattutto di sbagliare. Sono due curve diverse – all’inizio molta energia e poca esperienza, poi avanzando i valori si invertono – che qui non si vengono in alcun modo valorizzate.
Mi sento poco ottimista perché vedo un paese gerontofilo. Nessuna politica a favore dei giovani viene considerata, e non parlo di sovvenzioni: intendo dire che non trattiamo i giovani come adulti.
Francesca Chiorino Sono d’accordo, e trovo che questo premio sia un’occasione importante per mettere i giovani sul campo.
Giovanni Comoglio I concorsi possono ancora avere un ruolo di promozione di carriere all’avvio? Qual è la vostra visione del panorama dei concorsi?
Federico Tranfa Oggi manca ancora una cultura del concorso, si va in direzioni sbagliate. Lo strumento “Concorrimi” messo a punto all’interno dell’Ordine degli Architetti di Milano e spesso utilizzato dal Comune aveva come scopo quello di aumentare l’accessibilità dei concorsi da parte dei giovani architetti, ma il bilancio dell’iniziativa, in termini di realizzazioni, è stato finora irrilevante.
Gli anelli di questa catena mancano generalmente di coesione: si rende necessario un ripensamento serio sulle giurie, così come sulla formula del concorso di idee, che dovrebbe essere eccezione e non prassi, e invece si dimostra sempre più cimitero di idee perché quasi mai si arriva al fondo del processo.
Andrebbero presi a riferimento paesi dove il 98% degli incarichi è a concorso, ma questo comporterebbe la discussione di equilibri che non si vogliono discutere: si scoprono anche falle nella capacità delle amministrazioni nel gestire processi progettuali, per assenza di figure competenti, o per uso del momento della giuria non come incontro tra competenti ma tra élite selezionate su criteri non eccessivamente chiari.
Troppa poca importanza oltretutto viene data al progetto, a favore del peso che nei processi hanno tutte le varie intermediazioni, negoziazioni, ricadute decisionali. Mai si leggono giudizi tecnici o critici, tutto si basa sul successo o insuccesso di qualche personalità. Una gestione ancora immatura, infantile della questione, su cui c’è ancora molto da fare. Il premio con la sua modalità può dire qualcosa su questo, perché senza faticare, senza farsi domande per raggiungere soluzioni, difficilmente si potrà ottenere qualcosa di positivamente innovativo.
Giovanni Comoglio La scena più giovane, under 30, secondo voi sta conoscendo un momento di spinta o di arresto?
Francesca Chiorino In questo senso il Premio è stato un ottimo osservatorio in questi anni, che ha creato anche uno scambio con Casabella. Sullo scenario italiano dei segnali ci sono, nuove realtà forse anche più rapide di un tempo nell’affermarsi, buoni progettisti con formazione estera che tornano in Italia. Che poi sia difficile perseverare, farsi notare non solo in un’occasione ma avere una continuità, questo forse è il tema più complesso.
Io tendo a essere costruttiva e ottimista, pur considerando le difficoltà strutturali del nostro paese.
Giovanni Comoglio In che modo ci si garantisce una continuità, come giovane practice di architetti?
Federico Tranfa Questo è un paese economicamente importante, in termini numerici, dove a differenza di altri paesi la committenza pubblica non esiste. Le occasioni professionali per gli architetti sono spesso ridotte alle loro relazioni private, e questo già crea uno sbilanciamento impressionante rispetto ad altri paesi.
In un quadro simile, si osserva che i casi di maggior successo stanno nella provincia, dove la prossimità tra progettista e chi ha mezzi e desiderio di investimento è maggiore, più che non nelle grandi città, dove invece il discorso si fa elitario, limitato a circuiti ristretti di difficile accesso. Finché nell’ambito pubblico non ci sarà consapevolezza di una necessità di rovesciare questi rapporti per un bene collettivo, la situazione resterà molto difficile.
Francesca Chiorino Un tentativo in questa direzione lo sta facendo il Premio, con la costruzione di un gruppo di committenze che riuniranno il pubblico e il privato.