Attualmente direttore di AIS, Associazione italiana Infrastrutture Sostenibili, dal 1976 svolge attività giornalistica e di relazioni esterne nonché di studio e di ricerca nel campo della storia economica e sociale. Già dirigente responsabile Relazioni esterne di ANCE nazionale e poi di CRESME. Founder della società Strategie& Comunicazione Srl, nel 2014 promuove la nascita del think tank Civiltà di Cantiere di cui è stato direttore fino al dicembre 2020.
La nuova frontiera degli investimenti in infrastrutture: sostenibilità, responsabilità sociale e nuovi modelli di governance
L’acronimo ESG sta per Environmental, Social, Governance e si utilizza in ambito economico e finanziario per indicare tutte quelle attività legate all’investimento responsabile che perseguono gli obiettivi tipici della gestione finanziaria, tenendo in considerazione aspetti di natura ambientale, sociale e di governance. Anche in Italia gli investitori prestano sempre maggiore interesse ai fattori ESG. E il riferimento è costituito dal Bilancio sociale, Report CSR – Rendiconto della Corporate Social Responsibility, conosciuto in Italia anche come Bilancio di Sostenibilità a cui si lega una Dichiarazione non finanziaria. La scelta di perseguire un percorso di sostenibilità ambientale consente di creare prodotti e servizi più efficienti sul piano dei consumi e di rendere disponibili nuove fonti di energia pulita. L’impegno per affrontare adeguatamente i mutamenti climatici può gettare le basi di una nuova era all’insegna dell’innovazione, dell’innalzamento delle competenze, di migliori opportunità di lavoro e di una crescita economica, duratura e inclusiva. È da queste premesse che AIS – l’associazione italiana per la sostenibilità delle infrastrutture – ha avviato una riflessione per valutare in che modo e misura la filiera delle infrastrutture stia sviluppando un percorso innovativo in una logica ESG.
Le infrastrutture motore di uno sviluppo sostenibile
Le infrastrutture possono e devono svolgere un ruolo che va ben oltre la mera “funzione logistica”, diventando “motore” di progresso socio-economico sostenibile. Le infrastrutture devono evolvere dal soddisfare una “semplice” necessità operativa a divenire parte integrante di un ecosistema socio-economico virtuoso, ossia una risorsa strategica che contribuisca ad aumentare la competitività dei territori, stimolare la loro crescita, generare nuovi posti di lavoro così come una domanda di servizi e beni. A puro titolo di esempio, un interscambio multimodale, una stazione ferroviaria o metropolitana molto frequentata o una struttura portuale, possono trasformarsi – se opportunamente integrati con un mix di funzioni e azioni complementari e con il coinvolgimento degli stakeholder pubblici e privati – in un polo di attrazione e un acceleratore di interazioni sociali ed economiche. È all’interno di questa visione che assumere gli ESG come parametri di riferimento può consentire una crescita costante e soprattutto omogenea, in grado di trasformare ruolo e funzione delle infrastrutture, così da diventare poli virtuosi di sviluppo eco sostenibile.
L’impatto degli ESG sulle infrastrutture
Investire in infrastrutture vuol dire oggi rapportarsi ai principi che caratterizzano tre aspetti: l’impatto ambientale (Environment), la responsabilità sociale (Social) e una capacità di governare strutture e processi adeguandoli ai nuovi obiettivi (Governance). Ciò significa sotto l’aspetto ambientale che, durante il loro ciclo di vita, le risorse infrastrutturali influiscono su tutti gli aspetti dello stock di capitale naturale, dalla biodiversità all’acqua, al suolo e all’atmosfera e quindi al clima. Egualmente, l’accettabilità sociale diventa una questione centrale, il che vuol dire che vanno valutati ed eliminati o ridotti tutti i fattori destinati a comportare notevoli disagi per le popolazioni e le comunità destinatarie degli investimenti. Ed è così che vanno perseguiti modelli e sistemi di Governance: ispirati ai valori della trasparenza, della responsabilità aziendale, del coinvolgimento degli stakeholder e di una rigorosa e virtuosa gestione dei fornitori. Tutto ciò riguarda tutti i soggetti coinvolti nei diversi processi relativi a una infrastruttura, ma un ruolo particolare e decisivo lo possono svolgere le stazioni appaltanti. Le componenti ESG vanno pertanto considerate elementi con grande potenziale di innovazione e sviluppo competitivo. E per tutti questi motivi una valutazione secondo parametri ESG sta assumendo una sempre maggiore rilevanza nell’ambito di un percorso di consapevolezza, coinvolgimento, percezioni e aspettative degli organi di amministrazione e controllo relativamente a profili non finanziari.
Le priorità di una strategia sostenibile: un’indagine
Ai diversi attori della filiera delle infrastrutture sostenibili è sempre più richiesta la costruzione di una vera e propria strategia rispetto agli ESG, che trova il suo principale output nella Dichiarazione non finanziaria (DNF), destinata ad essere non più un corollario, bensì un elemento cardine delle scelte finanziarie e gestionali di una azienda. La DNF costituisce lo strumento principale che permette di cogliere i segnali di una progressiva trasformazione culturale sulla base della diversa e sempre maggiore considerazione prestata da parte delle aziende alla sostenibilità nel processo decisionale. Definire le priorità e i pilastri di questa strategia è pertanto un passaggio obbligato. E allora quali sono queste priorità per gli attori/protagonisti della filiera delle infrastrutture sostenibili: società di progettazione, imprese di costruzioni, società di servizi, imprese produttrici?
AIS lo ha chiesto ai suoi soci. Un campione piccolo ma selezionato così rappresentato percentualmente:
La principale attenzione per quanto riguarda la governance viene prestata alle condizioni di lavoro, alla salute all’interno delle aziende e alle ricadute in termini di benessere. Il che significa garantire dignità salariale, rispetto dei contratti di lavoro e della sicurezza, ma anche la protezione della maternità e la possibilità di combinare il lavoro con le responsabilità famigliari. Ma anche eliminare gli impatti negativi sulla salute da parte dei diversi processi di produzione, così come dei prodotti o dei servizi forniti dall’organizzazione, incoraggiando stili di vita sani, l’esercizio fisico e la corretta alimentazione. Il che va declinato in politiche concrete per la salute e la sicurezza, attraverso analisi e controllo dei rischi; fornire le attrezzature di sicurezza necessaria, compresi i dispositivi di protezione individuale, per la prevenzione di lesioni, malattie e incidenti di lavoro.
Sul fronte della responsabilità sociale risulta sempre più necessario avviare un dialogo con le realtà rappresentative delle comunità per determinare le priorità per l’investimento sociale e le attività di sviluppo. Viene anche indicato l’impegno a sostenere il volontariato e a contribuire alla definizione, attuazione, monitoraggio e valutazione di programmi di sviluppo. E un altro elemento da privilegiare riguarda l’individuazione dei rischi e il contrasto alla corruzione e all’estorsione, agendo sulla consapevolezza dei vertici e dei dipendenti, ma anche degli appaltatori e dei fornitori.
Tre sono gli ambiti prioritari rispetto all’ambiente: identificare le fonti di inquinamento e i processi di generazione di rifiuti così da limitarne gli effetti e le quantità, agendo sui processi di produzione; attuare misure per l’uso efficiente delle risorse, in primis energia e acqua, puntando su fonti alternative sostenibili e sul riciclo; mitigare gli impatti dei cambiamenti climatici collegati alle proprie attività identificando e riducendo progressivamente le emissioni di gas ad effetto serra.
Il ruolo delle stazioni appaltanti
È auspicabile che le stazioni appaltanti nell’ambito dei requisiti ambientali definiti per le varie fasi del processo di acquisto, volti a individuare la soluzione progettuale, il prodotto o il servizio migliore, sotto il profilo ambientale e lungo il ciclo di vita, richiedano anche alle aziende una rendicontazione non finanziaria che abbia almeno le seguenti caratteristiche: accreditata secondo la norma UNI 17033, con metodologia di riferimento Iso26000/27029 e certificata da terza parte indipendente.
L’applicazione sistematica e omogenea dei criteri da considerare e delle relative verifiche per categorie delle società di progettazione, delle imprese di costruzioni e dei fornitori di materiali consentirebbe di diffondere, attraverso incentivi di premialità, una attenzione nella scelta di realtà più sostenibili, “circolari“ e che diffondano occupazione “verde”. Questo produrrebbe altresì un effetto leva sul mercato, inducendo gli operatori economici meno virtuosi ad adeguarsi alle nuove richieste della pubblica amministrazione.
Per richiedere il documento: www.infrastrutturesostenibili.org/practice/esg-e-infrastrutture
Articolo redatto con il contributo di Giulia Moraschi, coordinatrice gruppo di lavoro ESG.