Laureato presso la Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano, dove insegna progettazione architettonica dal 2008 al 2011. Dal 1999 è autore di progetti di architettura, fotografia e comunicazione visiva per aziende e istituzioni pubbliche e private, ricevendo premi a concorsi nazionali e internazionali. Nel 2002 fonda new landscapes (<a href="http://www.newlandscapes.org/">www.newlandscapes.org</a>), studio di progettazione all’interno del quale sono state condotti progetti e ricerche sul rapporto tra l’uomo e l’ambiente, sulla percezione e la valorizzazione dell’immagine e dell’identità del paesaggio contemporaneo e sulla promozione di nuove forme di conoscenza e partecipazione. Dal 2016 è direttore della rivista di architettura e paesaggio Ark. È autore di oltre 50 pubblicazioni, tra libri, saggi e articoli specialistici sull’architettura, il paesaggio e la fotografia.
Arcipelaghi di calore: pavimentazioni fresche per ridurre il riscaldamento delle aree urbane
La città europea nell’era dell’Antropocene è ancora una volta il luogo della coesistenza di istanze opposte. Da un lato, la sua concezione continua a raccogliere l’eredità solida e minerale della città medioevale e rinascimentale: densa la prima, più rarefatta la seconda, definita da tracciati prospettici e architetture monumentali disposte lungo tracciati euclidei. Entrambe prive di alberi – un’assenza oggi considerata universalmente inconcepibile –, con al centro l’uomo, il suo primato su una Natura a cui non corrisponde ancora lo squilibrio irreversibile degli ecosistemi oggi presente nelle agende politiche del pianeta.
In una realtà contemporanea in cui la maggioranza della popolazione europea vive nelle aree urbane, il paradigma divenuto centrale dalla seconda metà del XX secolo è quello di una città vivibile, colonizzata da tetti verdi, aree private e pubbliche destinate a orti e giardini, quote crescenti di agricoltura cittadina e micropaesaggi naturali come espressione di una volontà di partecipazione attiva e risarcimento ambientale offerto dagli habitat urbani per piante e animali.
Nella contemporaneità, o nella post-modernità, l’imperativo diffuso è quello dell’ibridazione, della mescolanza: da un lato la città europea, senza perdere la propria sobria eleganza e solidità, si lascia sedurre dalla campagna includendola nelle proprie porosità, persino nei centri a elevatissima rendita fondiaria; dall’altro la dimensione rurale si urbanizza, attrezzandosi con le reti informatiche digitali. Raffinatezza e frugalità convivono dissolvendo i rispettivi confini.
Così non è difficile immaginare nelle città rese sempre più calde dal Global Warming geometriche architetture di pietra e cemento popolarsi di verzura, di ortaglie, di tetti rigogliosi. Le materie della città – marmi, porfidi, graniti, arenarie, conglomerati –, vanno incontro a una mutazione, si caricano di istanze politiche, di responsabilità ambientali. È qui che un materiale come il cemento inaugura nuove prospettive di ricerca e applicazione. In un territorio dagli orizzonti inclusivi, il tema della salubrità del vivere, del non consumo di risorse è più di una retorica: è un requisito prioritario, almeno nell’Occidente avanzato. Città sempre più torride reclamano soluzioni intelligenti, pensieri sinergici, competenze diverse che si parlano e collaborano. È entro questo ordine delle cose che il fenomeno dell’“isola di calore urbana” (UHI) assume un ruolo significativo nel disegnare le città di oggi.
L’“isola di calore urbana” è un fenomeno che colpisce milioni di persone nel mondo. Aree metropolitane vaste come regioni – si pensi a Los Angeles o alla “città infinita” nella Pianura Padana – fanno pensare, più che a fenomeni puntuali propri delle “isole”, ad “arcipelaghi” caldi. Nelle aree metropolitane densamente urbanizzate le temperature medie dell’aria possono essere più alte fino a 3° gradi Celsius rispetto alle aree meno densamente popolate e l’escursione termica tra giorno e notte può raggiungere i 12° gradi Celsius. Durante le ore notturne le superfici e i suoli di colore scuro cedono una quota significativa di energia termica, producendo un riscaldamento ininterrotto. L’unità dimensionale che misura l’intensità di tale fenomeno, l’“albedo”, esprime il rapporto tra la frazione di luce o radiazione solare riflessa e la frazione incidente. L’albedo della Terra è 0,30: il 30% dell’energia solare viene riflesso dalla superficie del pianeta, mentre il 70% viene assorbito.
Le strade, i marciapiedi in asfalto, le coperture degli edifici rappresentano una superficie consistente esposta all’irradiazione solare. L’asfalto, uno dei materiali utilizzati più frequentemente per la pavimentazione delle vie di traffico, ha una bassa albedo e un’alta capacità termica volumetrica che dà luogo a elevatissime temperature superficiali, che raggiungono talvolta oltre 60 gradi Celsius nelle giornate estive più calde.
Cause principali dell’“isola di calore urbana” sono l’uso di materiali artificiali e la produzione di calore antropogenico. Il fenomeno UHI determina anche un aumento del fabbisogno energetico destinato ai dispositivi di climatizzazione meccanica che contribuisce ulteriormente al riscaldamento dell’ambiente urbano, all’incremento dei consumi di energia e alla produzione di inquinanti. Le temperature più alte registrate nelle aree urbane rispetto alle aree rurali causano enormi conseguenze per la salute e il benessere delle persone più vulnerabili – per età, reddito, cultura –, che vivono nelle città.
Se è noto che lo scioglimento delle calotte ghiacciate porterà alla diminuzione dell’albedo della Terra e all’aumento della sua temperatura, è uno studio recente ad avere dimostrato che i ghiacciai sono oggi più scuri rispetto al passato. Osservando le immagini Landsat del gruppo Ortles-Cevedale nel quarantennio tra il 1980 e il 2020 è stato rilevato da un’equipe di ricercatori accademici italiani che i detriti riversati dall’erosione causata dal Global Warming e i depositi inquinanti diffusi nell’atmosfera dalle aree industrializzate della Pianura Padana ne hanno annerito la superficie e le proprietà riflettenti. A fronte di una tale evidenza scientifica qualunque strategia di miglioramento delle prestazioni energetiche nelle aree urbane è inefficace se a precederla non vi è un ripensamento complessivo dei modelli di consumo delle comunità umane che le abitano.
Al fine di ridurre i fenomeni qui descritti possono essere impiegate soluzioni tecniche diverse, che si avvalgono di superfici ora riflettenti, ora evaporative, di volta in volta adottate in relazione alla morfologia dei luoghi e alle loro condizioni ambientali e microclimatiche specifiche.
I cosiddetti “cool pavements”, pavimentazioni di colore chiaro con un’alta albedo (superiore a 0,29), sono capaci di riflettere una frazione maggiore di radiazione solare rispetto a pavimentazioni di colore scuro. In una superficie di calcestruzzo di colore chiaro con albedo elevata – da 0,20 a 0,40 –, l’energia riflessa nell’atmosfera è maggiore rispetto a quella riflessa da una superficie nera con albedo bassa – da 0,05 a 0,15 –, che assorbe una quantità maggiore di calore. Pavimentazioni riflettenti con superfici ad alta albedo, se usate insieme ai “tetti freddi” e alla piantumazione di alberi da ombra, possono ridurre localmente le temperature dell’aria ambientale da 4 a 9 gradi centigradi. Le loro temperature di esercizio, più basse, oltre a prolungarne la durata, diminuiscono lo stress termico subito dagli alberi, aumentando la loro vitalità.
Una maggiore riflettanza dell’energia solare – determinata dal colore chiaro della superficie –, e una bassa emissività – determinata dalle caratteristiche chimiche del materiale capace di disperdere rapidamente l’energia non riflessa –, sono le peculiarità più significative di questi materiali. A fornirne una spiegazione è l’Associazione Europea delle Pavimentazioni in Calcestruzzo (EUPAVE), che stima una riduzione media di emissione di anidride carbonica da parte delle pavimentazioni in cemento ad elevata albedo di 13 kg per m² rispetto a un comune suolo in asfalto. Federbeton riporta ulteriori scenari secondo i quali un incremento di albedo pari a 0,15 produrrebbe un risparmio equivalente totale in termini di “potenziale di riscaldamento globale (GWP) in un periodo di 50 anni” di 22,5 kg di anidride carbonica per m² di pavimentazione, sufficiente a controbilanciare il 30-60% delle emissioni di CO2 emesse in atmosfera durante il processo di produzione del cemento per la pavimentazione in questione.
Suoli artificiali costruiti impiegando cemento poroso contribuiscono a ridurre l’effetto UHI attraverso il raffreddamento per evaporazione. Progettate per controllare il deflusso delle acque meteoriche, le pavimentazioni permeabili stanno acquisendo un ruolo sempre più rilevante nelle strategie di mitigazione climatica delle aree urbane, configurandosi come potenziali “pavimentazioni fresche”: quando la superficie della pavimentazione si riscalda, l’umidità contenuta all’interno evapora, estraendo il calore dal materiale.
Combinando l’impiego dei “cool pavements” con sistemi ibridi quali alberature e suoli parzialmente inerbiti, è possibile raggiungere performance ulteriori: l’erba e la vegetazione, opportunamente idratate, concorrono a ridurre la temperatura ambientale.
L’impiego di materiali performanti – riflettenti, permeabili, drenanti –, la costruzione di parchi e la riforestazione (i boschi, attraverso l’evapotraspirazione, formano dense nubi, che hanno una elevatissima albedo), la piantumazione di dense alberature lungo le vie di percorrenza, la costruzione di sistemi ombreggianti, a verde e artificiali, rappresentano un insieme di tecniche capaci di combinarsi efficacemente tra loro e di produrre ambienti urbani gradevoli e fruibili: piazze, playgrounds, percorsi veicolari e pedonali, parcheggi.
Nel 2016, la città colombiana di Medellin inaugura l’iniziativa Green Corridors: una rete di connessioni verdi concepita per ridurre la temperatura media della città di 2 gradi Celsius. Nel 2017, la città di New York avvia il progetto Cool Neighbourhoods: piantumazione di alberi lungo le strade, incremento di tetti verdi, costruzione di marciapiedi con materiali chiari con un effetto albedo elevato, ossia capaci di riflettere efficacemente la radiazione solare. Nel 2021 Eleni Myrivili è nominata Chief Heat Officier della città di Atene, un incarico particolarmente delicato che segue quello di Jane Gilbert per la città di Miami. Siccità, ondate di calore prolungate, ridotte precipitazioni accompagnate a violenti nubifragi collocano nella figura del Chief Heat Officier – una competenza che sarà sempre più diffusa nella gestione delle aree urbane del mondo –, una responsabilità decisiva nel predisporre strategie efficaci a ridurre l’insostenibilità degli habitat urbani contemporanei.
Nell’ambito della tecnologia delle costruzioni, infine, il progetto COOL IT, finanziato per un periodo di 4 anni (2017-2021), vede anche Italcementi coinvolta tra i soggetti capofila, insieme al Centro Ricerche ENEA di Bologna, con l’obiettivo di sperimentare il ruolo dei “cool materials” cementizi adittivati con pigmenti con elevata riflettanza nella regione del vicino infrarosso nel raffrescamento degli edifici. L’impiego di pigmenti specifici consente di mantenere le superfici dei “cool pavements” più fredde, aumentando la quota di energia solare riflessa, soprattutto nello spettro non visibile del vicino infrarosso (NIR) dove la radiazione termica tende a concentrarsi.
Per la costruzione delle vie di traffico adatte a mezzi pesanti le pavimentazioni a base cementizia sono già una consuetudine in numerosi paesi del mondo. Formulate con basi cementizie, le pavimentazioni drenanti e i massetti autobloccanti sono efficacemente impiegabili per la costruzione di parcheggi, percorsi pedonali, piste ciclabili e per veicoli leggeri. Si pensi alla mobilità di un futuro non lontano, costituita in prevalenza da mezzi leggeri e ultraleggeri: “people movers” assemblati con materiali compositi, vettori monoposto e biposto dall’aerodinamica performante e con un design deciso come quello della Pininfarina Modulo 512 di Paolo Martin. Progettare strade nuove per veicoli nuovi e per velocità diverse, togliere peso, nella costruzione della città fisica, delle sue infrastrutture e delle sue parti in movimento, integrare habitat naturali e urbani nella “città di pietra” che ha contraddistinto una storia europea esemplare che non va perduta, riequilibrare lo sviluppo introducendo abitudini e responsabilità più grandi sono i criteri che progettisti e designers sono chiamati a porre in relazione virtuosa con la solidità minerale e la sobria eleganza della città che abbiamo ereditato e da cui dipendono la nostra identità e il nostro modello di civiltà.
In questo spettro di strategie si collocano le applicazioni molteplici di i.idro DRAIN, un calcestruzzo studiato da Italcementi per la costruzione di pavimentazioni drenanti, bianche e colorate, a cui può essere aggiunta la funzionalità di raffreddamento. La loro superficie rugosa aumenta i fenomeni di convezione, rimbalzo e diffusione del calore, combinandosi con una elevatissima capacità drenante, 100 volte superiore a quella di un normale terreno.
I “cool materials” sono e saranno materiali sempre più capaci di rispondere alle istanze di oggi? Le loro caratteristiche incrementano l’effetto albedo, riducendo la temperatura al suolo fino a 30 gradi Celsius durante la stagione estiva; consentono il ricircolo continuo dell’aria all’interno della massa cementizia, accelerando il processo di scioglimento di neve e ghiaccio; permettono il deflusso delle acque meteoriche, riducendo ruscellamento e “acqua planing”; restituiscono le acque meteoriche al terreno grazie all’assenza di olii nella loro composizione; consentono la conservazione dell’acqua nel sottosuolo attraverso opportune vasche predisposte al loro trattamento e reimpiego; mantengono stabili nel tempo le proprie caratteristiche fisiche e meccaniche, non subendo deformazioni. Il maggiore potere riflettente del calcestruzzo riduce infine i costi di illuminazione delle vie di traffico: una maggiore “luminanza” consente di ridurre il numero di corpi illuminanti o di impiegare lampade a minore illuminamento.
La volontà di offrire una migliore gestione delle risorse delle aree urbane – considerate nel loro insieme di fattori complessi e interdipendenti –, un minore consumo energetico per i sistemi di raffreddamento nelle stagioni estive e nelle regioni a clima caldo e un maggiore comfort urbano consentono ai “cool materials” di fornire un contributo alla migliore vivibilità delle città, di oggi e di domani.
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